Prima udienza in Tribunale a Napoli per la morte di Giulio Giaccio, sequestrato e ucciso da membri del clan Polverino 23 anni fa. In vista dell’appuntamento in aula, i due imputati hanno avanzato un’offerta risarcitoria che prevede tre assegni per un totale di 30mila euro e due immobili per un totale di 120mila euro. Tuttavia, i tre parenti della vittima si sono costituiti parte civile nel corso del processo e hanno respinto l’offerta, dichiarando di voler confidare esclusivamente nelle determinazioni dell’autorità giudiziaria.
La vicenda è stata riaperta grazie alle indagini dei pm Mariella Di Mauro e Giuseppe Visone, che hanno sviluppato una pista investigativa che ha portato all’arresto di Salvatore Cammarota e Carlo Nappi. Secondo i pentiti Roberto Perrone, Giuseppe Simioli e Biagio Di Lanno, si trattò di un errore di persona, in quanto Giulio fu ucciso al posto di un altro per una svista.
Il delitto fu commesso il 30 luglio del 2000, quando Giulio fu prelevato e sequestrato da finti poliziotti in zona Contrada Romani a Pianura, quartiere ovest di Napoli. Secondo il racconto di Perrone, a uccidere Giulio fu un soggetto oggi a piede libero, che gli ordinò di abbassare la testa sulle gambe e poi gli sparò alla nuca. Il corpo del ragazzo fu poi sciolto nell’acido e i suoi denti furono polverizzati a martellate per far sparire ogni traccia della sua vita.
L’offerta risarcitoria avanzata dai due imputati è stata respinta dalla famiglia della vittima, che chiede giustizia per Giulio. La Procura, a questo punto, vuole vederci chiaro sull’origine dei soldi messi sul tavolo della giustizia. La vicenda è stata definita un ex cold case risolto a distanza di 23 anni, grazie alla testimonianza dei pentiti e al lavoro condotto dai carabinieri del comando provinciale guidato dal generale Enrico Scandone.