Oggi al Carcere di Avellino si sono verificate le criticità che il personale di polizia penitenziaria deve affrontare ogni giorno, generando insicurezza sia per i poliziotti che per i detenuti. Ad intervenire sulla questione sono stati il Coordinatore regionale della FP CGIL Polizia Penitenziaria Orlando Scocca e il consigliere nazionale dell’Unione dei Sindacati di Polizia Penitenziaria (Uspp), Maurizio De Fazio.

Da tempo c’è incertezza sulla questione del Nucleo Traduzioni, reparto che si occupa del trasporto dei detenuti per comparire davanti all’autorità giudiziaria o per le visite mediche degli stessi. Secondo De Fazio, sembra che il nucleo non abbia l’idoneità e la certificazione dei locali adibiti ad uffici, perché i locali che ospitano attualmente quel reparto portato all’interno dell’istituto, fungeva prima da camere di pernottamento per i colleghi. Pertanto, si cerca di capire se è agibile per questo tipo di attività.

Inoltre, ci sono situazioni di straordinari fatti da personale che attualmente lavora in ufficio e non in reparti operativi. Anche per questo siamo in attesa dei dati, ma se così fosse dobbiamo capire perché, poiché non siamo contro lo straordinario ma contro quelli che non fanno attività per cui sono preposti. E, infine, c’è il problema della pianta organica. Non si è tenuto conto, quando è stata strutturata, che ci sono vari servizi, che sono stati tutti accorpati, e quindi mancano circa una quarantina di poliziotti penitenziari.

La sicurezza rappresenta un problema nel carcere di Avellino, perché non ci può essere il trattamento rieducativo se non c’è sicurezza. E il trattamento rieducativo è un compito che viene assegnato alla polizia penitenziaria, ma l’amministrazione dimentica che viene prima la sicurezza, sia per il personale che lavora all’interno delle carceri, sia per i detenuti. Dal 2013/14, con l’entrata in vigore della Sentenza Torreggiani che ha stravolto il mondo penitenziario, da una custodia statica del detenuto ci siamo ritrovati una custodia aperta e una sorveglianza dinamica, che sono due cose diverse. Questa situazione ha generato insicurezza nelle carceri: ci sono molte più aggressioni, il personale affronta turni di lavoro che influenzano anche la propria psiche, oltre a fare più ore di lavoro. E questo genera sicuramente un malcontento del personale.

Da tempo chiediamo, conclude Fazio, che l’amministrazione crei condizioni per un clima di lavoro sereno, facendo in modo che il detenuto faccia il detenuto. Il detenuto deve essere certamente risocializzato, ma allo stesso tempo il personale di polizia penitenziaria deve avere il diritto di lavorare in serenità, senza aggressioni. Queste possono accadere, ma non devono essere giornaliere. Non è solo il caso di Avellino, ma anche di altri istituti. Molte volte il personale viene aggredito e offeso, e questo genera uno stress psico-fisico e, di conseguenza, insicurezza per tutto l’istituto. Chiediamo al Provveditore che il Nucleo Traduzioni stia all’esterno del muro di cinta, per una funzionalità più diretta del trasporto del detenuto.

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