La rinuncia di un credito da parte del creditore è un diritto disciplinato dall’art. 1236 del Codice Civile. Questo articolo stabilisce che il creditore può estinguere il debito attraverso una dichiarazione di rinuncia, a meno che il debitore non dichiari di non voler accettare questa soluzione. La rinuncia può essere motivata da molteplici ragioni, come ad esempio l’ottenimento di prestazioni in altre forme o come semplice atto di liberalità . La legge non prevede una forma particolare per la dichiarazione di rinuncia, tuttavia, è necessario tenere in considerazione gli aspetti fiscali relativi alla deduzione amministrativa delle perdite. L’art. 101 del Testo Unico delle Imposte Dirette prevede che l’imprenditore possa attivare la deduzione fiscale delle perdite solo dimostrando che queste sono definitive e non ripetibili, e che ha fatto tutto il possibile per ottenere il ristoro del proprio credito. È possibile dimostrare la certezza della perdita attraverso la certificazione di assenza di beni materiali del debitore o con attestati che dimostrino l’infruttuosità di una procedura esecutiva.
La restituzione di un dono, invece, è disciplinata dalla normativa italiana. Le donazioni fatte in occasione di eventi quotidiani o tra fidanzati non possono essere revocate, indipendentemente dal valore dell’oggetto donato. Tuttavia, se il bene donato ha un particolare valore economico, come ad esempio un’auto o un appartamento, è necessario un atto di donazione ufficiale con rogito notarile. In mancanza di questo atto, il donante può richiedere la restituzione del bene, in quanto il beneficiario non ha il titolo abilitante per possederlo. Solo in presenza di figli o di comportamenti di manifesta ingratitudine da parte del beneficiario, la donazione può essere revocata a seguito di atto notarile. In conclusione, sia la rinuncia di un credito che la restituzione di un dono sono due fattispecie ben differenziate che devono essere affrontate con la giusta cautela e attenzione alle normative vigenti.
