Inondazioni, una tragedia che colpisce sempre più spesso. Questa volta la vittima è Vittorio Gaeta, 90 anni, che con dolore e rassegnazione guarda la sua mobilia nel piazzale di via San Nicola a Celzi. Gli arredi sono stati ripuliti ma sono ormai irrimediabilmente danneggiati. «Non servono più», dice rassegnato Vittorio. Ha negli occhi ancora il terrore dell’altro ieri pomeriggio, di quella bomba d’acqua impressionante. Gli scendono le lacrime e pensa ai sacrifici che lui e sua moglie Mimma hanno fatto negli anni per la loro casa.

Vittorio ricorda la grande paura: in pochi secondi ha visto il fiume d’acqua e di fango sfondare le barriere protettive della sua abitazione ed entrare in casa con tutta la potenza. E quei pochi secondi sono bastati per mettere in salvo sé stesso, sua moglie Mimma e la badante Oksana al piano superiore, mentre l’acqua devastava il piano terra.

«Non è mai successo in questo modo. In cinquant’anni che stiamo qui, è la prima volta che accade così», rimarca il 90enne. Riesce con fatica a parlare e descrivere ciò che ha vissuto. Poche parole, ma che restituiscono plasticamente i sentimenti di rassegnazione, dolore e paura per una tragedia sfiorata.

Sedie, tavoli, divano, i mobili della camera da letto, la cucina, le suppellettili e altri arredamenti sono stati travolti dalla furia dell’acqua che ha superato all’interno dello stabile il mezzo metro d’altezza. Tutto è diventato un ammasso ricoperto da fango e detriti. L’impianto elettrico è fuori uso.

Nel bagno, l’acqua schizzava fuori dal water, dalla vasca e dal lavabo. Vittorio, sua moglie Mimma e la badante Oksana hanno rischiato la vita. Ieri mattina in tanti si prodigavano a ripulire la loro casa.

«Avevo comprato poco tempo fa la cucina e altre cose, ora non so più come fare. Non servono più. Sono da buttare», ribadisce sconsolato Vittorio. Alza le spalle e indica con lo sguardo i pezzi d’arredamento sul piazzale di via San Nicola. La mobilia è stata spostata all’esterno.

Ripulita dal fango con un potente getto d’acqua e messa ad asciugare, approfittando delle poche ore di sole, nella speranza di recuperare qualcosa. Ma l’impresa è difficile. «In cinquant’anni – riprende Vittorio – non è mai accaduto così perché prima si faceva la pulizia, c’era più manutenzione. Ora invece non si fa più nulla».

Alla drammatica testimonianza di Vittorio si aggiunge quella della badante ucraina Oksana che da sei anni accudisce lui e la signora Mimma (che ha bisogno di assistenza continua). «Abbiamo avuto tanta paura questa volta – racconta Oksana – L’acqua fa paura. Io sono cresciuta in un paese attraversato da un fiume e la mia casa era sempre a rischio. So che cosa significa. Avevo 15 anni e mi hanno salvata da un’inondazione tirandomi per i capelli. Ma questa volta è stato terrificante».

Oltre il dolore, c’è anche la rabbia. “Questa casa rappresenta i sacrifici di una vita. Lui non vuole lasciarla. Fa male, molto male»,dice Oksana.

La storia di Vittorio e Mimma ci fa riflettere sulla necessità di aumentare la manutenzione e la pulizia dei corsi d’acqua, per evitare tragedie come questa. E ci fa anche riflettere sulla fragilità della vita umana e sull’importanza di proteggere le persone e le loro case.

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