La triste vicenda del clochard ghanese Frederick Akwasi Adofo, ucciso brutalmente da due sedicenni, non è solo una questione di violenza gratuita. Ciò che aggiunge sconcerto alla terribile fine riservata all’uomo è l’inganno subdolo ordito dai due banditi, che lo hanno attratto con la scusa di offrirgli un cinque di amicizia e simpatia. Frederick, una persona mite e benvoluta da tutti, ha lasciato il suo giaciglio per rivolgersi ai ragazzi che gli tendevano il palmo della mano, ignaro di ciò che stava per accadere. È uno dei punti inquietanti di questa storia, come ricostruito dai carabinieri, che hanno parlato esplicitamente di “inganno” prima della violenza. Il clochard è stato colpito al volto con una violenza inaudita, sbattendo a terra con la testa, e poi ha subito una seconda scarica di colpi. Nonostante fosse ancora vivo, i due aggressori si sono allontanati e l’uomo ha cercato rifugio in una corte condominiale, dove è morto poche ore dopo. È stato trovato accartocciato a pochi spazi dal garage. L’attenzione ora si concentra sull’udienza di questa mattina, in cui i due sospettati saranno difesi dal penalista napoletano Edoardo Izzo. Entrambi sono abbagliati dal culto della violenza e della violazione continua delle regole, in un rimando con tutto l’armamentario mediatico che ruota attorno a boss, killer e guerriglieri metropolitani armati di coltelli e tirapugni. Una galleria di sangue, come raccontato pochi giorni fa dalla procuratrice minorile De Luzenberger. Uno dei due è nato in Italia, figlio di genitori incensurati e l’altro è figlio di genitori romeni, entrambi cresciuti nelle palazzine popolari costruite negli anni del dopo terremoto. La triste fine di Frederick Akwasi Adofo è un monito sulla necessità di combattere la violenza e l’odio, e di educare i giovani alla tolleranza e alla convivenza pacifica.