Il 28 luglio di 195 anni fa, il patriota e presbitero italiano Antonio Maria De Luca moriva a Salerno. Nato a Celle di Bulgheria il 20 ottobre 1764, De Luca è stato l’organizzatore e la vittima più illustre dei moti del Cilento del 1828. Fin da giovane si avviò verso la carriera ecclesiastica al seminario di Caposele, dove venne ordinato sacerdote e conseguì la laurea in teologia il 21 marzo 1791. Successivamente si dedicò alla predicazione delle missioni sacre, affinando la propria abilità oratoria e ottenendo la nomina a canonico della cattedrale di Policastro. Tuttavia, furono le idee giacobine a indirizzare De Luca verso l’attivismo politico.
Il suo nome si diffuse velocemente a Napoli e nelle altre province del Regno per le sue azioni politiche clandestine, che portarono al primo arresto dello stesso e di altri patrioti nel 1798. Dopo la scarcerazione, aderì alla carboneria e partecipò alle rivolte scatenate nel Regno dopo la caduta della Repubblica Partenopea e il ritorno di Re Ferdinando sul trono di Napoli nel 1815. Nel 1820, il sovrano fu costretto a concedere la costituzione spagnola e ad aprire le elezioni per il parlamento di Napoli. La posizione politica di De Luca si rafforzò velocemente, ma venne costretto a risiedere a Napoli in condizione di libertà vigilata. In questo periodo aumentarono i contatti clandestini con altri patrioti e la carboneria, con l’obiettivo di porre le basi per una futura rivolta.
Il ritorno di Antonio De Luca nel Cilento sorprese tutti, dando il via alla rivolta nella notte tra il 27 e il 28 giugno 1828. Mentre gli insorti occupavano il forte di Palinuro, la polizia venne informata da un informatore vicino ai capi dell’organizzazione, e tutti i capi della carboneria e dei patrioti di Napoli, Salerno e Vallo della Lucania furono catturati. De Luca riuscì a scampare alla cattura rifugiandosi in una casa di campagna, continuando a dare disposizioni ai patrioti rimanenti, incluso l’ordine di sottrarsi ad ogni costo alla cattura.
La repressione della rivolta fu violenta e, per timore di rappresaglie contro la sua città natale, De Luca si costituì. Fu catturato insieme a suo nipote, anch’egli prete, e prima di essere giustiziati dovettero subire una bizzarra “sconsacrazione”. La notte prima dell’esecuzione, i due patrioti vennero assistiti in cella da un frate, a cui De Luca affidò un messaggio da riferire a un vecchio amico carbonaro di nome Ludovico Coscia, dicendogli che “egli moriva tranquillo per il bene comune e che lo sceglieva come vendicatore del sangue proprio e dei compagni”. All’alba del 28 luglio 1828, i due condannati vennero condotti al patibolo e mentre De Luca cercava di parlare per un’ultima volta al popolo, la sua voce venne messa a tacere dai colpi dei fucili.