Un locale molto frequentato ad Acerra è stato coinvolto in un caso di estorsione. Grazie agli eventi organizzati che attiravano gli studenti universitari, il locale era diventato un punto di riferimento della movida vesuviana. Purtroppo, questa fama ha attirato anche l’attenzione della malavita locale. Tre persone, tra cui due studenti universitari, sono state arrestate per aver cercato di estorcere denaro al proprietario del locale.

Uno dei due studenti arrestati, Raffaele Esposito, ha ammesso di aver organizzato insieme al suo collega di studi, Vincenzo Flagiello, e a un presunto socio, Domenico Tortora, la richiesta di pizzo al titolare del locale chiamato Terronir. Secondo Esposito, hanno scelto quel locale perché sapevano che faceva molti incassi grazie alle serate organizzate per gli studenti universitari. Hanno anche deciso di partecipare a una di queste serate per valutare l’entità degli affari. Durante questa serata, hanno pianificato la richiesta di estorsione, che secondo gli inquirenti è stata aggravata dal coinvolgimento di gruppi malavitosi legati al presunto socio Tortora.

Le indagini sono state condotte dal pm Giuseppe Visone della Dda di Napoli, che ha ottenuto diverse prove a sostegno delle accuse. Le telecamere nascoste hanno registrato il momento in cui uno dei tre presunti estorsori ha ritirato l’involucro con le banconote all’interno da un barile verde in un vicolo senza uscita. Inoltre, la polizia ha trovato un computer a casa di uno degli indagati sul quale sarebbe stata redatta la lettera con la richiesta estorsiva. I due studenti arrestati hanno ammesso parte delle accuse e si sono dichiarati consapevoli della gravità del loro gesto.

La situazione giudiziaria dei tre indagati si è aggravata a seguito di queste prove. I due studenti sono stati posti agli arresti domiciliari. Ora i tre soggetti sotto inchiesta potranno fare appello al Riesame per cercare di ottenere la revoca della misura cautelare. Secondo Esposito, la lettera con la richiesta di estorsione è stata redatta da Tortora e poi inviata tramite WhatsApp ai due complici, per poi essere stampata e lasciata sotto la saracinesca del locale preso di mira.

Durante l’interrogatorio davanti al giudice, l’unico a provare a smentire le accuse è stato Tortora jr. Tuttavia, gli inquirenti ritengono la sua versione dei fatti del tutto inverosimile, considerando le prove ottenute dall’analisi dei cellulari e dei video.

Ora spetta al Riesame decidere se revocare o meno la misura cautelare per i tre indagati. Intanto, la vicenda ha gettato ombre sulla movida vesuviana e sulla rinascita di Acerra, dimostrando come anche i luoghi di svago possono essere preda della criminalità organizzata.

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