La vendita all’asta dello spettrale ex sito produttivo dell’Alcatel ha scatenato un ulteriore contenzioso. Tecnicamente chiamata “liquidazione giudiziale”, in pratica è stata richiesta la dichiarazione di fallimento per poter distribuire il patrimonio residuo a causa dell’insolvenza. L’area è stata battuta all’asta per una cifra irrisoria, circa un milione e 250mila euro, che rappresenta quasi un decimo del suo valore iniziale. Non ci sono abbastanza fondi nemmeno per pagare il Tfr degli ex dipendenti che hanno aspettato per ben 12 anni. La graduazione dei crediti è stata contestata, infatti prima degli ex dipendenti, sono stati pagati circa 800mila euro a professionisti e gestori del sito che hanno lavorato per 11 anni. L’avvocato Luigi Russo spiega che l’importo ricavato è insufficiente e quindi tutti i lavoratori faranno richiesta in massa per ottenere copertura da parte del fondo di garanzia dell’Inps. Tuttavia, questo paracadute non funzionerà per tutti. Gli ex operai potrebbero comunque perdere le spettanze dovute come incentivo all’esodo ed altri emolumenti maturati. Nonostante la vendita di un’area di oltre 49mila metri quadrati, composta da capannoni, uffici, piazzali e persino un campo di calcio interno, c’è un ostacolo oggettivo: il debitore non è in grado di adempiere regolarmente ai propri obblighi. Il sindaco Andrea De Filippo annuncia che il Comune farà ricorso e chiederà il fallimento. Non sono stati pagati debiti fiscali, come la Tari, il ruolo idrico e l’Imu, per almeno 800mila euro. Pertanto, è necessario tutelare e difendere i soldi dei cittadini maddalonesi. Così i contenziosi sul “Macrico maddalonese”, una fabbrica gigantesca dalla destinazione urbanistica controversa, diventano tre. L’ente locale contesta allo staff del commissario giudiziale Rampini, gestore del complesso per conto della Mf Componenti Immobiliare e della sezione fallimentare del Tribunale di Milano, lo stato di insicurezza e insalubrità del sito e la mancata bonifica urgente; l’inadempienza con il fisco locale e il vincolo della nuova scelta urbanistica. Il commissario giudiziario ha chiesto l’annullamento del Piano urbanistico comunale (Puc) per il cambio di destinazione d’uso dell’area davanti al Tar. La risposta del sindaco è caustica e perentoria: l’area, in conformità con le direttive regionali e provinciali, non sarà più destinata ad attività produttive ma a interventi di rigenerazione urbana, servizi e spazi culturali.

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