Dodici anni di carcere per Nicola Di Martino e dieci anni e dieci mesi per Aldo Picca. Questa è la richiesta di condanna del pubblico ministero della Procura Antimafia di Napoli per il vecchio boss Picca e il suo presunto gregario, conosciuto in zona come “ventitrè”. I magistrati dell’ufficio inquirente di Napoli hanno concluso un’indagine su un giro di estorsioni fra Frignano, Teverola e Casaluce, che ha portato all’arresto dei carabinieri dopo la coraggiosa denuncia di un farmacista e il titolare di un negozio di materiale elettrico. Ora, la richiesta di condanna dei due presunti “uomini del pizzo” mette fine a questa vicenda.

Uno degli imputati, Aldo Picca, legato ai Casalesi e con una condanna a 25 anni sulle spalle, è tornato in cella ad aprile scorso, dopo tre anni di libertà. Fu fermato dai militari nel giorno del sabato Santo in compagnia di Nicola Di Martino. Aldo Picca era uno dei protagonisti della faida in cui morirono nel ’96 a Teverola Giovanni Ciccarelli e Mario Tappino, presunti appartenenti al clan Quadrano-Picca, in guerra con i casalesi per il controllo della zona. Picca aveva ottenuto la liberazione anticipata nel 2020. Nicola Di Martino, invece, è considerato l’erede del cartello criminale di Picca, egemone nella zona di Carinaro e Teverola. E, secondo i carabinieri, Di Martino esercitava il suo potere con disinvoltura, soprattutto nel campo delle estorsioni e dello spaccio di droga.

Per l’autorità giudiziaria della procura di Napoli, sia Picca che Di Martino si sarebbero resi responsabili di due episodi: una estorsione consumata (a un farmacista) e una tentata al rivenditore di materiale elettrico. Nel 2020 Picca era stato scarcerato all’età di 64 anni e fino a qualche mese fa era libero di circolare. Poi avrebbe ripreso a chiedere denaro, fino all’arresto definitivo.

Ora i legali dei due imputati avranno tempo per controbattere la richiesta di condanna a novembre, quando si terrà la discussione della difesa. A dicembre, probabilmente, ci sarà la sentenza definitiva che metterà fine a questa storia. I due imputati si sono sempre dichiarati innocenti, ma le prove sembrano essere schiaccianti grazie alla denuncia dei due imprenditori di Frignano e Teverola e alle indagini dei carabinieri.

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