La tragedia del Vajont: un disastro evitabile

Era il 9 ottobre 1963, alle 22:39, la stessa ora in cui sto scrivendo, quando si verificò una frana al confine tra Pordenone, Friuli Venezia Giulia, e Belluno, Veneto, nel bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont nella valle omonima. Dal Monte Toc caddero circa 270 milioni di metri cubi di roccia nelle acque del bacino, un volume più del doppio rispetto a quello dell’acqua contenuta nella diga. L’acqua traboccò coinvolgendo i paesi di Erto e Casso, vicini alla riva del lago. L’onda generata, che superò di 250 metri il coronamento della diga, causò un’effettiva inondazione nella Valle del Piave.

A causa di questa tragedia persero la vita 1.910 persone. I borghi di Frasègn, Le Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino e la parte bassa di Erto furono completamente distrutti. I paesi di Longarone, Pirago, Faè, Villanova e Rivalta furono rasi al suolo, mentre Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna subirono danni profondi. Anche i comuni di Soverzene e Ponte nelle Alpi, la città di Belluno nel quartiere di Borgo Piave, il comune di Quero Vas e la borgata di Caorera furono colpiti dai danni causati dall’onda che allagò il paese e raggiunse il presbiterio della chiesa, a causa dell’ingrossamento del fiume Piave.

Le cause di questa tragedia sono state attribuite a negligenze nella gestione, all’innalzamento delle acque del lago artificiale oltre la soglia di sicurezza di 700 metri, voluto dalla SADE, l’ente gestore dell’opera, e alle abbondanti precipitazioni meteorologiche. Ancora una volta, si trattava di un disastro evitabile, come dichiarato dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 2008, durante l’Anno Internazionale del Pianeta Terra.

La tragedia del Vajont ha lasciato un segno indelebile nella storia italiana, rappresentando una delle più gravi catastrofi del nostro paese. È importante ricordare e imparare da questi eventi per evitare che si ripetano in futuro. La sicurezza delle infrastrutture e la tutela dell’ambiente devono essere sempre al centro delle nostre attenzioni, affinché tragedie come quella del Vajont possano essere evitate e la vita delle persone possa essere preservata.

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