La morte di Vincenza Donzelli, operatrice culturale che si è dedicata alla valorizzazione di Napoli sotterranea, sarà oggetto di un processo per stabilire eventuali responsabilità. Il giudice Federica Colucci ha fissato la prima udienza preliminare a carico di quattro professionisti napoletani, accusati di omicidio colposo in relazione alle modalità del parto cesareo effettuato alla fine della gravidanza.

Vincenza Donzelli aveva 43 anni e riuscì a partorire il figlio che aveva in grembo, il bambino che è stato accudito fin dal primo giorno di vita dall’amore del papà Andrea Cannavale e di tutta la sua famiglia. Era una donna sana, appassionata di arte e cultura, che per anni ha animato la Galleria Borbonica, sempre motivata a favorire il rilancio di Napoli. Secondo quanto emerso dalle indagini, Vincenza aveva trascorso una gravidanza serena, al riparo da traumi e stress, e si stava preparando per il momento più atteso, quello della nascita del tanto desiderato figlio con il compagno Andrea. Ma la sua morte è arrivata improvvisamente. Ora la Procura chiede un accertamento in aula, con il primo appuntamento in tribunale il prossimo 22 gennaio. L’inchiesta è condotta dal pm Federica D’Amodio e sono sotto accusa i professionisti che hanno avuto in cura Vincenza Donzelli e quelli che sono intervenuti per arginare l’emorragia che le ha tolto la vita. Parliamo dei medici della Clinica Internazionale, a partire dal dottor Luca Zurzolo, libero professionista che lavorava in convenzione presso la clinica; Giuseppe Alvano, medico di guardia nel reparto di ginecologia e ostetricia della stessa clinica; Riccardo Morgera, direttore sanitario; Francesco Paolo Del Deo, responsabile del raggruppamento. Secondo quanto emerso dalle indagini, la donna sarebbe morta a causa di una coagulazione intravasale disseminata, conseguenza di una profusa emorragia uterina, manifestatasi dopo il parto cesareo dell’8 agosto 2022 presso la clinica Internazionale. La morte è avvenuta nella sala di rianimazione dell’ospedale Cardarelli, cinque giorni dopo l’intervento (la sera del 13 agosto), quando la paziente era già in condizioni gravissime. I parenti di Vincenza, a partire dal compagno Andrea Cannavale, noto produttore cinematografico assistito dall’avvocato Gaetano Inserra, chiedono di “conoscere la verità su quanto accaduto in clinica”. Lo stesso stile è adottato dagli altri familiari di Vincenza, rappresentati dagli avvocati Mario Ivan Esposito e Anna Marcone. È importante sottolineare che si tratta di un processo tecnico e che i professionisti coinvolti avranno l’opportunità di dimostrare la propria versione dei fatti e vanno considerati innocenti fino a prova contraria. In aula il dottor Zurzolo sarà rappresentato dall’avvocato Bruno Botti, mentre Alvano sarà difeso dall’avvocato Roberto Rapalo, Morgera dall’avvocato Vania Cirese e Del Deo dall’avvocato Salvatore Benincasa. Secondo quanto si legge nella richiesta di rinvio a giudizio, uno dei punti da chiarire è la tempistica del parto cesareo: “Il ricovero è stato disposto il 7/8/22 per l’induzione del travaglio di parto, che è stato eseguito l’8 agosto, in violazione delle linee guida vigenti, poiché non era indicato dalla tracciatura cardiotocografica che non mostrava alcun segno di inizio del travaglio e la gestazione era di 39 settimane e 5 giorni e non oltre la 41esima settimana, comportando un aumento del rischio di sviluppo di coagulazione intravasale disseminata post parto”. La Procura solleva anche delle criticità sulle scelte adottate nelle ore successive all’intervento, di fronte al peggioramento delle condizioni della donna. In aula, si discuterà di perizie mediche, cartelle cliniche e testimonianze.

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