Giovani alla deriva: l’orrore di “Le bimbe di Filippo Turetta”

Il gruppo Facebook “Le bimbe di Filippo Turetta” è sotto la lente di ingrandimento della Polizia Postale, e forse dovrò spiegare perché, come giornalista, ho sentito il dovere di capire. Vi assicuro che l’esperienza è stata devastante.

È stata devastante perché non si può concepire una parte di questa gioventù contemporanea così alla deriva, così vuota, così priva di interiorità e bellezza. Sì, permettetemi il termine, “bellezza”, perché ciò che manca a questi giovani è l’anima bella che emanano pienezza, significato, sogni, ideali. Si divora tutto ciò che viene proposto, si consuma, fagocita e brucia tutto e subito in tutti i campi, senza dare significato, profondità ai gesti, ai comportamenti, alle parole.

O forse, tutto ciò, gesti, comportamenti e parole, esprimono semplicemente il vuoto cosmico che questi giovani hanno dentro. Si vive oltre ogni limite, ingordi di sensazioni forti, fortissime. Ci si crede onnipotenti. Tutto, ma proprio tutto, diviene lecito agli occhi di chi non ha leggi interiori.

Andando su Facebook e digitando il nome di questo scellerato gruppo pubblico di 530 iscritti, si apre un mondo perverso di cui l’amministratore risulta far capo a un profilo falso. A capire bene sembrerebbe un secondo gruppo, perché il primo è stato chiuso. Qui troviamo anche partecipanti anonimi. Le informazioni sul gruppo riportano: “Gruppo contro l’accanimento mediatico nei confronti di Filippo, siamo persone e donne garantiste che provano sentimenti per lui, interessate a scriversi con lui dal carcere”.

Tanti sono i post che si susseguono lasciando l’amaro in bocca e un dolore nel petto. C’è chi allude alle lettere inviate all’omicida nel primo gruppo Facebook, andate perse perché il gruppo è stato chiuso, quindi si chiede a Filippo di leggerle qui, inviando in finale un “ti amo”. C’è chi parla di un evento “sesso con delitto”, facendo riferimento a un’esperienza meravigliosa di fare sesso tutti insieme invocando il nome di Filippo.

Tra i post compare una foto di Giulia stesa sul portabagagli di un’auto, sorridente, rivolta a colui o colei che le fa la foto, mentre ci sono amici sui sedili anteriori. Sopra compare la scritta “Se l’è gufata”. “Gufare”, portare sfortuna: l’allusione alla tragica morte di Giulia, trasportata in auto dall’ex fidanzato fino ad essere scaricata in un dirupo, in una zona frequentata da lupi, sa di macabro.

I post che si susseguono vanno dagli apprezzamenti fisici dell’omicida definito “sexy, bravo ragazzo, a modo, educato, diligente, avvenente”, all’invocazione di un’amnistia per Filippo, “vittima dei sortilegi della sorellona”, con allusione alla sorella di Giulia, ad un’appartenenza di quest’ultima ad una setta satanica per cui la morte di una ragazza pura, o della persona che si ama, avrebbe procurato la vita eterna…

I post continuano augurando a Filippo di essere amato come avrebbe meritato, ricordando che il ragazzo è innocente fino alla eventuale condanna. C’è persino chi afferma di raggiungere orgasmi pensando all’omicida, c’è chi scrive che è cosa assurda “passare il resto della vita al fresco per una cecchettinata”.

Ammazzare una ragazza, la propria ex, per giunta, assume la connotazione di una bravata, una goliardata.

E c’è chi ricorda che “Sul cadavere dei leoni festeggiano i cani. Ma i cani restano cani, e Filippo Turetta resta innocente fino a prova contraria”.

Se alludendo alla sorella di Giulia, si fanno allusioni a sette sataniche e all’odore di zolfo, “reverendo” del rotary, praticamente massone” viene definito il papà di Giulia.

Si ricorda poi “meglio Turetta che essere napoletano” e “Tutte le vittime del patriarcato sono qui dentro? Ditemi ciò che volete ma ogni singola persona che è dentro questo gruppo deve morire nel modo più atroce possibile, uomo o donna che sia”.

Tanti altri sono i post che gridano “vergogna!” nei confronti di chi difende un assassino, molti ricordano che le segnalazioni alla Polizia Postale sono state fatte e si attendono i provvedimenti.

Se qualcuno si è preso la briga già solo di aprire una pagina Facebook con questo nome e scrivere queste assurdità, abbiamo fallito, tutti, genitori, docenti, istituzioni, società civile.

Ho pensato a lungo se pubblicare quanto io, in prima persona, ho letto, perché l’odio genera odio, ma qui, c’è davvero da capire, da andare a fondo, da fermarsi non un attimo, ma un bel po’.

C’è l’obbligo morale di comprendere questi tempi e le creature spregevoli che li abitano, analizzare il ruolo di questi social che “hanno dato la parola a legioni di imbecilli…”, come diceva Umberto Eco, i limiti che dovrebbero essere tracciati.

Dopo aver coerentemente ammesso che viviamo in una società malata, aberrante, squallida, dove la depravazione è di casa e dove tutto è lecito, dobbiamo agire.

Senza retorica, senza buonismi, senza scuse. Questo è orrore puro.

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