Un gesto che ha lasciato tutti senza parole. Due giorni fa, ignoti hanno vandalizzato l’opera realizzata dalle docenti e dagli studenti dell’istituto comprensivo Parmenide di Ascea in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che sarà celebrata sabato 25 novembre. I pannelli, installati sulle scale del plesso centrale, sono stati portati via. Uno di essi raffigurava una sagoma scura di una donna senza volto con le scarpe rosse nella mano destra. Il dirigente scolastico, Luca Mattiocchio, ha presentato denuncia ai carabinieri, condividendo il rammarico, la delusione e l’amarezza di tutta la scuola. Le forze dell’ordine hanno avviato le indagini e ieri mattina la sagoma è stata ritrovata in un terreno vicino all’istituto scolastico, danneggiata e gettata nell’erba alta. Mattiocchio assicura che sarà risistemata e rimessa al suo posto, ma resta la gravità di un episodio che ha lasciato senza parole la scuola e la comunità locale. Gli alunni, i docenti e tutto il personale scolastico hanno dichiarato che continueranno a promuovere azioni contro la violenza di genere e non arretreranno di un passo, nonostante gesti simili che condannano fermamente. La sagoma è stata sottratta nella notte tra martedì e mercoledì ed è stata ritrovata dai collaboratori scolastici, abbandonata nella campagna antistante l’ingresso del plesso. Le fascette erano state tagliate e probabilmente è stata gettata nel terreno al di là della recinzione che delimita la campagna dal marciapiede. Questo gesto vandalico ha reso ancora più grave l’azione di qualche scalmanato. Le docenti, con il loro lavoro artistico, volevano sensibilizzare la cittadinanza sulla violenza di genere, rappresentando l’annientamento di una donna quando le vengono negate la libertà, i diritti fondamentali e la dignità. Le scarpe rosse urlano lo strazio, la vergogna, le paure e la condanna di chi ha deciso di dire basta a tanta ignominia. Questo atto vandalico ci ha lasciati senza parole, ma deve suscitare una profonda riflessione in tutti noi. La comunità locale condanna fermamente questo gesto. Lidia Ametrano, un’insegnante in pensione, aggiunge che non può essere definito una bravata, ma è un atto indegno che testimonia l’indifferenza o addirittura il sostegno a violenze non solo contro le donne, ma anche verso le persone e le cose. Se si riesce ad individuare i colpevoli, bisogna punirli in modo costruttivo e non solo repressivo.