Aggressioni nel reparto di psichiatria: un problema che non può essere ignorato
Nel reparto di psichiatria dell’Ospedale del Mare di Ponticelli, a Napoli, si è verificata un’aggressione brutale nei confronti di un infermiere. Questo ennesimo episodio di violenza gratuita nei confronti dei nostri professionisti della salute ci porta a riflettere sulla loro incolumità e sulla necessità di proteggerli adeguatamente.
In questo caso specifico, il paziente coinvolto aveva noti disturbi mentali e, secondo i testimoni, ha addirittura staccato un dito a morsi all’infermiere che cercava di placare la sua rabbia e il suo comportamento fuori controllo.
Quanto vale la vita di un infermiere? Fino a che punto un professionista dell’assistenza deve diventare la vittima sacrificale di situazioni pericolose e drammatiche senza apparente via di uscita? Queste sono le domande che Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, ci pone.
Da una parte, assistiamo a una crescente “mala cultura” che trasforma gli infermieri in nemici, colpevoli della disorganizzazione e delle lunghe attese nei pronto soccorsi. Dall’altra, le aziende sanitarie e i datori di lavoro spesso dimenticano di essere responsabili dell’incolumità dei professionisti della salute, soprattutto in reparti a rischio come la psichiatria. È necessario che agiscano in collaborazione con la politica per mettere in atto piani risolutivi a tutela di questi professionisti che troppo spesso vengono abbandonati a se stessi. I numeri delle aggressioni negli ospedali parlano chiaro.
Secondo l’associazione “Nessuno tocchi Ippocrate”, il tentativo di somministrare una terapia al paziente si è trasformato in un violento scontro, culminato con la perdita di un dito da parte dell’infermiere. Il personale sanitario ha cercato in ogni modo di contenerlo, ma l’aggressività del paziente ha raggiunto livelli estremi. Non solo, il paziente ha anche aggredito un’altra infermiera, colpendola in pieno volto e lasciandola tramortita.
Questo episodio è solo l’ultimo di una serie di aggressioni avvenute nell’Asl Napoli 1. Non possiamo giustificare questi atti, anche se derivano dalle difficoltà di pazienti problematici. Siamo indignati e seriamente preoccupati per quanto accaduto e per il rischio che tutto ciò possa ripetersi ogni giorno in reparti come quello in cui si è verificata l’aggressione.
Il drammatico epilogo di questa storia è che, almeno per il momento, non è stato possibile ricucire il dito tranciato all’infermiere, che potrebbe quindi rimanere con questa disabilità per sempre.
C’è ancora qualcuno che si chiede perché i professionisti dell’assistenza scendono in piazza a protestare e organizzano scioperi come quello del prossimo 5 dicembre? Quanto vale la vita di un infermiere in Italia? Dovremmo continuare a chiedercelo senza mai smettere. Siamo arrivati a un punto di non ritorno, conclude De Palma.