I termini non rispettati: la Cassazione chiede l’annullamento della confisca dei beni dei fratelli Pellini
La Procura generale della Cassazione ha chiesto l’annullamento della confisca dei beni ritenuti provento di reati ambientali ai fratelli Pellini. Secondo il sostituto procuratore generale Luigi Giordano, il provvedimento di appello è arrivato con ritardo, nonostante le deroghe dettate dalla pandemia. Durante l’udienza in materia di danni ambientali, il magistrato napoletano ha concordato con la difesa dei Pellini che i sigilli vanno rimossi e il tesoro di oltre 200 milioni di euro va restituito ai manager che hanno scontato sette anni di reclusione.
La controversa vicenda è ora nelle mani dei giudici della sesta penale della Suprema Corte, che dovranno decidere sulle misure di prevenzione da applicare dopo la condanna dei fratelli Pellini. I manager sono stati condannati per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti, e successivamente è scattato un procedimento di misure di prevenzione per bloccare i loro beni illeciti. Sono stati sigillati oltre duecento milioni di euro tra capitali, beni immobili e quote societarie.
Tuttavia, durante il secondo procedimento, si sono verificati dei ritardi tra il primo e il secondo grado di giudizio. Il provvedimento di confisca in appello è arrivato con largo ritardo rispetto al tempo concesso ai giudici per decidere sulla conferma del sequestro dei beni. Questa questione di forma potrebbe diventare sostanza in Cassazione, come sottolinea il sostituto pg Giordano, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato.
Ma quali sono i tempi previsti dal codice? Dopo il sequestro, il ricorso in appello è stato depositato il 15 marzo 2019, e la prima udienza è stata celebrata otto mesi dopo, il 26 novembre 2019. Successivamente, ci sono stati difetti di notifiche e poi l’emergenza Covid, che ha causato un’interruzione di 64 giorni nei processi. La decisione era attesa per il 3 febbraio 2022, ma è arrivata solo il 19 giugno 2023, grazie anche a una campagna del giornale Il Mattino. Quattro anni per una decisione che doveva essere presa entro 18 mesi, secondo il codice. Ma si tratta di termini perentori? I giudici riusciranno a superare l’ostacolo formale e a confermare il provvedimento nel merito?
Nel frattempo, l’avvocato Picca, difensore dei Pellini, ha dichiarato che hanno sempre rispettato le istanze dei cittadini e delle associazioni, ma è importante ricordare che le persone coinvolte nel processo hanno scontato le pene comminate e hanno il diritto di far valere le proprie ragioni secondo le regole del codice, al riparo da un clima di demonizzazione. Le loro richieste si basano su principi fondamentali del giusto processo.