In una delle immagini che circolano in questi giorni, viene lanciata questa frase: “Non avere paura delle tempeste finché lo sei sempre stato” (con buona pace della lingua italiana). Poi ci sono immagini goliardiche, meno improntate alla sfida e all’arroganza, in cui si vedono tre amici che mangiano una pizza, ascoltano musica neomelodica, ridono e scherzano. Tutto all’interno di un carcere, dove – giusto ribadirlo – non sarebbe possibile avere conversazioni con il mondo esterno. Tutto ciò è accompagnato da una buona dose di indifferenza nei confronti di un ragazzo ucciso a 18 anni, colpito a morte per errore, del tutto estraneo a fatti e dinamiche criminali che sporcano il nostro territorio.
Una vita sociale in cella, che avrebbe visto protagonista anche Francesco Pio Valda, ventenne ritenuto responsabile dell’omicidio di Francesco Pio Maimone, nel corso di una rissa consumata nella zona degli chalet di Mergellina lo scorso 20 marzo. Una storia triste, vi ricordate? Valda litiga con un gruppo di soggetti del rione Traiano, dopo aver ricevuto un pestone sulle sue scarpe nuove (roba da mille euro). Sta per avere la peggio, quando impugna l’arma che ha con sé, fa fuoco (da tre a cinque colpi, dice la Procura), uccide un ragazzino seduto a godersi la serata. Una vicenda per la quale tra pochi giorni ci sarà il processo, che si arricchisce di aspetti grotteschi grazie alla denuncia della polizia. In sintesi, si è scoperto che il 23enne accusato dell’omicidio di Maimone era tra i tre che si sono filmati in un tiktok che ha fatto il giro della rete. Era insieme a un affiliato del clan Vigilia e a un detenuto siciliano. L’indagine condotta dagli uomini della Mobile agli ordini del primo dirigente Alfredo Fabbrocini ha consentito di individuare il video e anche di risalire ai protagonisti di quelle immagini. In sintesi, l’attenzione è caduta sui tre attori del video, uno dei quali (il siciliano) viene ripreso in viso mentre gli altri due, tra cui Valda, si nascondono dietro una sciarpa. Un espediente inutile visto che dopo aver identificato l’unico facilmente riconoscibile – quello a volto scoperto – gli investigatori sono riusciti a risalire anche all’identità degli altri due detenuti, semplicemente con un’ispezione in cella. Valda, figlio di un affiliato al clan Cuccaro deceduto in un agguato di camorra nel 2013, è detenuto a Terni (carcere di alta sicurezza) insieme a un altro campano e un siciliano. L’identificazione di quest’ultimo, attraverso il sistema di riconoscimento facciale, è stata propedeutica a una perquisizione della Squadra Mobile di Terni e della polizia penitenziaria che ha consentito di trovare, malgrado fosse accuratamente nascosto, il mini cellulare utilizzato per le videoregistrazioni. A chiudere il cerchio è stato il ritrovamento degli indumenti, gli stessi che i tre indossavano quando è stato girato il video. Valda e gli altri due suoi coinquilini sono stati denunciati per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione: l’uso dei cellulari in carcere è infatti un reato severamente sanzionato. Il rampollo del clan Aprea-Cuccaro-Valda è atteso il prossimo 15 gennaio davanti al gup di Napoli Chiara Bardi per l’udienza preliminare che vede imputati a vario titolo altre sette persone, tra suoi amici e parenti stretti (sorella, nonna e zio), ognuno dei quali ebbe un ruolo nel proteggere e favorire il presunto assassino di Maimone quella tragica notte e nei giorni successivi all’omicidio. Ma torniamo alla storia del video. Non è la prima volta che in questi giorni sono stati notati dei post di Valda. Non è chiaro se si tratti di foto legate al suo presente di detenuto, ma è certo che la dimensione sociale vede protagonista il presunto assassino del giovane pizzaiolo di Pianura. Parole di sfida, minacciose, in perfetto mood criminale. Non è un caso che di recente sia stato il gip del Tribunale di Napoli Maria Luisa Miranda a condannare l’uso dei social da parte di gruppi criminali: è attraverso tiktok che bande di giovanissimi si sfidano per la conquista dei luoghi della movida, come accaduto a Mergellina con la rissa culminata nell’omicidio di Maimone. Una sfida sociale – come ha scritto il parlamentare dei Verdi Francesco Borrelli -, che continua nonostante gli arresti scattati dopo il delitto.