Una videochat per organizzare un agguato di camorra, per strappare il controllo di un territorio ambito dal punto di vista criminale. Questo è ciò che è accaduto nell’omicidio di Pasquale Sesso, avvenuto lo scorso 5 luglio a vico Solitaria. Si tratta di un territorio ambito da due clan contrapposti, come descritto dagli inquirenti della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, poiché si tratta di Pizzofalcone, la porta per la Napoli dei grandi alberghi, del turismo, dei ristoranti e della movida.

L’omicidio di Pasquale Sesso è stato risolto rapidamente grazie all’arresto di Gennaro Belaeff. Questa storia nasce da una rivalità tra membri di un gruppo criminale che un tempo faceva parte del clan Elia, a cui appartiene Gennaro Belaeff, e il gruppo dei fratelli Sesso, specializzati nei colpi ai Rolex e desiderosi di controllare i vicoli di Pizzofalcone. La causa scatenante è legata alla mancata ripartizione dei proventi di una rapina di Rolex, che ha portato a ronde per strada e infine all’agguato. Ma poche ore prima dell’attacco, c’è stata una videochat tra i rivali, tra nemici di una faida di camorra che si gioca tra panni stesi ad asciugare, donne che scappano in casa, spari dal balcone e blitz delle forze dell’ordine.

Questa chat, priva di audio e registrata in modalità schermo, è stata ritrovata dagli inquirenti e vi partecipano Gennaro Sesso (fratello dell’uomo ucciso), Armando Rizzo, Gennaro Belaeff e altri interlocutori. Gli inquirenti scrivono nella misura cautelare firmata dal giudice Chiara Bardi: “Si può notare la gestualità di Gennaro Sesso, che si mostra particolarmente spavaldo, che viene ripreso mentre fa il gesto di sparare (mimando con le mani la forma della pistola). Seguono offese reciproche, minacce, in un crescendo di tensione che si consuma interamente via chat”. Questi contenuti sono stati rintracciati grazie alla copia forense effettuata su un telefono sequestrato subito dopo l’omicidio, appartenente a Gennaro Belaeff. Sono passati solo 24 minuti dopo le undici di sera del 5 luglio, quando l’agguato è stato portato a termine.

La ricostruzione si basa sulle immagini riprese da una telecamera di un condominio privato. Si possono vedere i membri del gruppo Sesso in sella agli scooter, mentre si dirigono verso l’angolo di via Solitaria. In quel momento, un uomo in sella alla moto si rivolge a un balcone in alto. Questa persona è la vittima dell’omicidio, che faceva parte del gruppo che aveva iniziato la sfida tramite una videocamera, che ora fa parte degli atti dell’inchiesta della Dda di Napoli.

Gennaro Belaeff, difeso dagli avvocati Domenico Dello Iacono e Bernardo Scarfò, dichiara la sua estraneità alle accuse e lo farà durante un’udienza dinanzi al Riesame. Nel frattempo, le intercettazioni che finiscono nel fascicolo mostrano le voci degli interni domestici. C’è una parente del presunto killer che commenta l’omicidio appena avvenuto. La donna sa che potrebbe scatenarsi una rappresaglia dopo la morte di Sesso e si lascia andare a un commento pieno di amarezza: “Ha sparato ma non ha ucciso una sola persona… ha ucciso tutti quanti noi…”. Gli inquirenti spiegano che la donna è consapevole che lei e i suoi parenti saranno costretti a rimanere nascosti in casa, di fronte a una possibile risposta da parte del gruppo avversario.

Questa storia di faide per il controllo di un vicolo va avanti da mesi, con agguati e azioni dimostrative che spesso hanno conseguenze drammatiche. Queste vicende dimostrano l’ampia diffusione di armi in diversi punti della città. Pochi giorni fa, sono stati sparati circa ottanta colpi in via Lucci e qualche mese fa c’è stato un omicidio annunciato in diretta. Un guanto di sfida lanciato dal gruppo emergente che si è ritorto contro il fratello dell’uomo immortalato in una chat mentre mostrava la forma della pistola e invitava i rivali a scendere in strada.

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