“La resilienza degli Squacqualacchiun di Teora”

Nel 1980 un terremoto devastante ha colpito l’Irpinia, distruggendo gran parte della provincia di Avellino. Tra i paesi più colpiti c’è Teora, luogo d’origine dei miei nonni paterni.

Le scosse hanno trasformato Teora in una città quasi irriconoscibile. La bellissima chiesa madre è diventata un cumulo di rovine e il centro storico sembra non esistere più. Gli edifici moderni sono deprimenti. È difficile non ricordare che il 23 novembre 1980 persero la vita ben 137 persone, ogni volta che si cammina per le strade di questo borgo quasi sempre desolato. Lo scorso ottobre non si è tenuta nemmeno la processione in onore di San Rocco, un evento tanto atteso da mia nonna e che ha caratterizzato le prime domeniche del mese della mia infanzia.

Il terremoto ha tolto molto a Teora, ma non è riuscito ad annientare gli Squacqualacchiun, una maschera tradizionale teorese che ha origine nel mondo contadino. Gli uomini si travestivano indossando calzamaglie a mo’ di maschera per non essere riconosciuti e si dirigevano dai latifondisti per esigere ciò che spettava loro, spesso sfondando le porte dei ricchi signori.

Oggi gli Squacqualacchiun girano per le strade del paese facendo rumore con campanacci, cantando e facendo una sosta in ogni bar per bere alcolici. In passato era comune che gli uomini ubriachi mettessero sottosopra Teora. L’evento culmina quando viene dato fuoco a un fantoccio che viene poi percosso dagli Squacqualacchiun, prima di iniziare una caotica danza pagana attorno al fuoco.

Gli Squacqualacchiun sono simbolo della resilienza di un paese che sta subendo il fenomeno dello spopolamento. Non posso garantire che tornerò un giorno nella mia terra, ma posso assicurarvi che la racconterò ovunque sia possibile usare la mia voce, che altro non è che l’eco di un popolo la cui storia è ancora sconosciuta a molti.

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