Nel corso dell’ottava udienza del processo Shamar tenutasi ieri mattina presso il tribunale di Lagonegro, sono emerse nuove testimonianze riguardanti lo sversamento illecito di rifiuti tossici nel Vallo di Diano. Dopo il rinvio dell’udienza dello scorso 8 febbraio, si è finalmente proceduto all’ascolto di Pasquale Quagliano e Giovanni Cardiello, entrambi imputati nel caso.

Quagliano, imprenditore nel settore dell’edilizia e del calcestruzzo, ha ammesso di aver accettato di stoccare temporaneamente 10 cisterne provenienti dall’azienda Pra.Cal di Atena Lucana su richiesta di Luigi Cardiello. Tuttavia, ha sostenuto di non essere a conoscenza del contenuto delle cisterne e di aver agito in buona fede, senza ricevere alcun compenso per il favore concesso.

La testimonianza più rilevante è stata quella di Giovanni Cardiello, il quale ha dichiarato di essere stato “l’agente provocatore” che ha permesso ai Carabinieri di intervenire e bloccare le cisterne, mettendo in difficoltà il presunto capo dell’operazione, Luigi Cardiello. Quest’ultimo, definito “Re Mida” durante l’udienza, avrebbe contattato Giovanni Cardiello per lo stoccaggio e lo sversamento delle cisterne, permettendo così alle autorità di sequestrare il resto del carico.

Il processo dovrà ora fare luce sulla verità dietro a queste dichiarazioni contrastanti e determinare le responsabilità delle 8 persone coinvolte nello stoccaggio e sversamento di 32 cisterne di liquidi tossici. La direzione distrettuale antimafia di Potenza ha condotto un’inchiesta dettagliata che ha portato alla luce una rete di traffico illecito di rifiuti nella zona, mettendo in luce la gravità del problema ambientale affrontato dal Vallo di Diano. Speriamo che giustizia venga fatta e che episodi del genere non si ripetano in futuro.

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