Il caso dei genitori assolti per il piccolo drogato: la verità giudiziaria

Il fatto non sussiste. Questa è la sentenza emessa in primo grado per i genitori del piccolo di soli 50 giorni che, nel luglio del 2019, è stato portato in condizioni disperate al pronto soccorso dell’ospedale Santa Maria della Speranza. La mamma, tossicodipendente, aveva somministrato metadone al neonato fin dalla nascita per alleviare le sue crisi di astinenza. Tuttavia, secondo il giudice che ha accolto la difesa dei genitori, non sussiste l’accusa di spaccio poiché manca la consapevolezza da parte del neonato delle sostanze somministrate.

Gli avvocati dei genitori hanno sostenuto che la madre aveva l’intenzione di disintossicare gradualmente il bambino con un dosaggio attento di metadone. I problemi sono sorti quando il medicinale si è esaurito e la madre non è riuscita a procurarsene altro, causando una crisi d’astinenza al piccolo. Nonostante l’assoluzione, il tribunale ha deciso di trasmettere gli atti alla Procura per valutare l’ipotesi di lesioni aggravate.

I fatti risalgono a giugno e luglio del 2019, ma sono emersi solo la notte del 28 luglio quando i genitori hanno portato il neonato in ospedale in condizioni critiche. La madre ha confessato di aver somministrato metadone al figlio per calmare le sue crisi di astinenza. Il neonato è stato salvato in extremis e l’apertura di un fascicolo da parte della Procura ha portato all’indagine sulla vicenda.

Le indagini hanno rivelato che la madre, affetta da tossicodipendenza, aveva partorito in casa due mesi prima, assumendo le stesse sostanze stupefacenti. La donna cercava di disintossicarsi con il metadone e il neonato, già influenzato in grembo, subiva continue crisi di astinenza. La notte del 28 luglio, le condizioni del bambino sono peggiorate, ma il ricovero tempestivo ha salvato la sua vita. La vicenda ha aperto un dibattito sulla salute e la responsabilità genitoriale, portando alla luce la complessità dei problemi legati alla tossicodipendenza.

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