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Massimiliano Di Caprio, noto come Massimo a capretta, è stato al centro di una strategia difensiva letta e analizzata dagli ambienti della camorra napoletana. Tuttavia, per i social e per il grande pubblico, era conosciuto come il direttore e titolare della famosa pizzeria “Dal Presidente” di via dei Tribunali a Napoli.

Difeso dall’avvocato Fabio Visco insieme alla moglie Deborah Capasso e all’ispettore di polizia Guido Albano, Di Caprio ha scelto di non rispondere alle accuse ma di rilasciare solo alcune dichiarazioni spontanee. Anche la commercialista Giulia Nappo, agli arresti domiciliari come il poliziotto, ha seguito la stessa linea.

Il sequestro dei beni, del valore di 3,5 milioni di euro, tra cui sette immobili e diversi orologi di lusso, ha portato alla luce presunte attività illecite legate al trasferimento fraudolento di valori e all’autoriciclaggio, con l’aggravante del metodo mafioso.

Nonostante non risulti affiliato al clan Contini, Di Caprio ha un passato segnato da numerosi precedenti penali, tra cui furto, rapina, lesioni personali, evasione fiscale e spaccio di sostanze stupefacenti. Inoltre, è stato destinatario di misure di prevenzione in quanto considerato delinquente abituale.

Le testimonianze di numerosi pentiti hanno contribuito a gettare luce su presunte attività illecite legate alla gestione di scommesse, videopoker e slot machine, con presunti legami con vari clan della camorra. Il quadro generale dipinto dalle testimonianze dei collaboratori di giustizia sembra confermare le accuse mosse contro Di Caprio.

La vicenda si fa sempre più complessa con il coinvolgimento di personaggi legati a diversi clan camorristici e con presunte attività illegali che vanno dalla gestione di punti scommesse alla distribuzione di sostanze stupefacenti. La figura di Massimiliano Di Caprio sembra essere al centro di un intricato intreccio di interessi criminali che coinvolgono varie famiglie della criminalità organizzata napoletana.

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