A Benevento il ricordo della 36enne uccisa. “Schiava sistema camorristico della prostituzione”
Benevento. “Un caso archiviato ma non abbandonato. Non è una storia abbandonata”. Così Michele Martino ha definito il caso, ancora irrisolto, dell’omicidio di Esther Johnson, nigeriana di 36 anni, uccisa a colpi di pistola il 14 giugno del 2016 a Benevento.
Il suo corpo, dopo la segnalazione di un macchinista ferroviario, fu ritrovato crivellato di colpi in un’area alle porte della città, tra le erbacce che costeggiano i binari, a poche centinia di metri dalla stazione ferroviaria centrale.
Ieri il ricordo della giovane donna che ogni giorno raggiungeva Benevento da Castel Volturno. “Era vittima del sistema camorristico che gestisce la prostituzione nel casertano” ha rimarcato Michele Martino, referente di Libera che ha ricordato nel giorno della sua uccisione la 36enne. Libera ha omaggiato Esther con una marcia partitata dinanzi alla stazione centrale fino al luogo del ritrovamento del corpo della donna.
Oltre Libera presenti l’ ANPI Benevento, l’Azione Cattolica, la CGIL Benevento, gli scout dell’AGESCI Zona Samnium e del CNGEI Sezione di Benevento, il progetto “ Fuori Tratta “ del Consorzio “Sale della Terra”, con il gruppo Nati per Leggere e la Parrocchia Santa Maria di Costantinopoli.
“Un fiore per Esther Johnson” con un “Corteo verso il luogo della memoria”. La memoria è gentilezza” hanno spiegato i promotori “vogliamo donare ad Esther quella gentilezza e delicatezza che si deve ad una donna ed a tutti gli essere umani.
“Siamo noi la famiglia di Esther” ha rimarcato più volte Martino che ha poi ricordato: “Colpi di pistola contro una donna. Siamo qui per rispettare l’identità di Esther, vittima della tratta della strada. Non era la pendolare del sesso o della prostituzione, ma schiava di un sistema camorristico. Oggi le dobbiamo restituire la gentilezza di un fiore, la bellezza di una poesia, di un pensiero, la condivisone di una lettura e di belle parole, la responsabilità di esserci, l’ascolto delle testimonianze, il dovere della denuncia perché le memoria non sia mai retorica”.