Una lettura accurata del provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, Ivana Salvatore, che ha mandato a giudizio il boss Tiberio Francesco La Torre davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha portato alla luce nuovi e preoccupanti elementi per la sicurezza personale del consigliere regionale Giovanni Zannini e per la tranquillità della sua famiglia.

Il giudice ha formulato i capi di imputazione di tentata estorsione ai danni di Zannini e di estorsione ai danni dell’imprenditore Alfredo Campoli. In particolare, si sottolineano due aspetti della condotta criminale di La Torre, conosciuto come “Puntinella”: la presenza di una seconda persona ancora da identificare e libera di agire, e il tentativo di costringere Zannini a consegnargli una somma di denaro minacciando di ucciderlo.

Gli atti di indagine evidenziano chiaramente che La Torre avrebbe ucciso Zannini se il consigliere non lo avesse denunciato e se i carabinieri non lo avessero arrestato prontamente. Zannini stesso ha dichiarato che si tratta di una condotta criminale aggravata dal metodo mafioso, ma ha espresso fiducia nella giustizia e nell’operato delle forze dell’ordine.

La vicenda ha destato preoccupazione e ha evidenziato la necessità di continuare a contrastare la criminalità organizzata e proteggere chi si batte per la legalità. Zannini ha ringraziato i carabinieri e la Dda per aver sventato il pericolo e si è detto fiducioso che presto anche la seconda persona coinvolta verrà identificata.

Si tratta di un episodio grave che dimostra ancora una volta la determinazione dello Stato nel combattere la mafia e garantire la sicurezza dei cittadini.

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