Quindici e sedici anni. Un’età in cui si è ancora figlie e non si è certo pronte ad essere madri. Un’età in cui un viaggio è qualcosa che si fa, per la prima volta, con le amiche, magari alla fine dell’anno scolastico e non a bordo di un gommone, in fuga dalla guerra e dalla violenza. Quindici e sedici anni è l’età di due dei 99 migranti che ieri sono sbarcati al porto di Salerno. Tutti provati, vulnerabili, stremati. Le due ragazze – quindici e sedici anni, è opportuno ribadirlo – sono anche incinte. È l’ennesima storia terribile, “effetto collaterale” di un’emergenza umanitaria che non conosce fine ed in cui la città di Salerno ha un ruolo attivo, in termini di accoglienza, da dieci anni.
Le giovani, prese in carico dal settore politiche sociali del Comune di Salerno, nell’azione complessiva coordinata dalla Prefettura cittadina, sono spaesate, stanche, spaventate. Sanno di essere al sicuro adesso – riferisce chi le ha assistite appena scese dalla nave – ma fanno fatica a raccontare l’orrore. Stando alle prime informazioni raccolte, le gravidanze delle ragazzine sarebbero alle battute iniziali, incinte da circa due mesi. Un dettaglio che rende molto verosimile l’ipotesi che la gravidanza, per entrambe, sia conseguenza di abusi sessuali subiti nel corso della permanenza nei campi libici dove le due sarebbero passate prima di salire su un gommone di fortuna.
Servirà tempo perchè le ragazzine si aprano e raccontino tutto, «e non è detto che lo facciano» osserva un operatore. Al momento è stato previsto per loro, e per tutti i “fragili” sbarcati ieri, un ulteriore supporto attraverso un contatto costante con mediatori culturali e psicologi. «Questo è senza dubbio il peggiore sbarco che ci sia mai capitato in dieci anni – spiega l’assessore alle politiche sociali del Comune di Salerno, Paola De Roberto – ci siamo trovati di fronte persone che hanno subito abusi di ogni tipo. Siamo purtroppo abituati ad entrare in contatto con queste storie ma questo è davvero un brutto sbarco. Abbiamo deciso di trattenere a Salerno coloro che abbiamo ritenuto avessero maggiore bisogno di aiuto. Non solo tutte le donne e i bambini sotto i 14 anni ma anche coloro che necessitano di un accompagnamento anche psicologico che cercheremo di dare nel miglior modo possibile».
Un orrore di cui è stata testimone oculare Flavia Conte, responsabile per la ricerca e il soccorso della Geo Barents. «Anche il recupero di queste persone – racconta – è stato abbastanza complicato: una motovedetta libica ha ostacolato le operazioni causando la caduta in acqua di oltre 30 persone, come abbiamo documentato e denunciato. Tutte le persone che abbiamo accompagnato a Salerno hanno subito situazioni allucinanti in Libia: ci sono minori vittime di violenze e torture». La volontaria riferisce anche di famiglie separate nel deserto o in acqua e dei bambini sollevati, al di sopra delle teste degli occupanti del gommone, una volta avvistati i soccorritori.
«Noi vedevamo solo questi bambini portati in alto, ci chiedevano di salvare almeno loro – ricorda Conte – tutte queste persone sono estremamente vulnerabili ma adesso sono al sicuro, anche se avranno bisogno di cure particolari». Nonostante l’orrore c’è anche chi ha preso con sé i figli di qualcun altro: tre ragazzini separati dalla famiglia che prima sul pick up e sul gommone e poi a bordo della Geo Barents hanno incontrato una mamma adottiva che li ha cullati durante la traversata. Ora i fratellini sono soli, speranzosi di ritrovare mamma e papà.