Gli appalti comunali e le forniture al clan sono al centro di un’indagine che ha coinvolto otto persone, alcune delle quali sono state raggiunte da misure cautelari. In particolare, l’attenzione è rivolta al terzo filone d’inchiesta della Dda sul gruppo camorristico Fezza-De Vivo di Pagani. Ieri tre persone sono finite in carcere, mentre dopodomani saranno applicati gli arresti domiciliari agli altri indagati.

Uno dei principali indagati, l’ex assessore Alfonso Marrazzo, ha difeso la propria posizione sostenendo di essere estraneo a pressioni e interessi da parte del clan. Ha spiegato che la sua società, la Pedema, ha ottenuto servizi dal Comune in base a regole amministrative corrette, senza favoritismi. Anche Claudio De Cola, socio della Pedema, si è dichiarato estraneo ai fatti, sottolineando di aver svolto unicamente il lato tecnico delle procedure.

Anche Bonaventura Tramontano, ex funzionario comunale, è coinvolto nell’inchiesta. Ha fornito spiegazioni in merito alle procedure di affidamento dei servizi, difendendo la propria posizione con l’aiuto di un avvocato. Le accuse sono gravi e vanno dal condizionamento elettorale alla corruzione, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa.

Al centro dell’inchiesta ci sono gli interessi economici del clan, che avrebbe tentato di ottenere appalti e servizi dal Comune di Pagani. L’obiettivo sarebbe stato anche quello di influenzare le elezioni del 2020, con tentativi di condizionamento del voto. Un capitolo ancora in fase di indagine.

In totale sono 16 gli indagati coinvolti in questa vicenda, che getta luce su presunti legami tra mafia e appalti pubblici. La difesa, però, si è mossa per sostenere l’estraneità dei propri assistiti rispetto alle accuse mosse nei loro confronti.

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