Sabrina Prisco –
Qualche giorno fa ho avuto una discussione accesa con una persona, un uomo, mentre leggevo un articolo sul caso scioccante di Gisèle Pelicot in Francia. La persona in questione ha fatto una battuta che sembrava “innocente”. La mia reazione è stata di estrema indignazione, forse troppo forte. Ma poi ho riflettuto. È stata davvero “troppo”?
Gisèle Pelicot è una donna francese di 71 anni che ha scoperto di essere stata sedata dal marito per 10 anni con del Tavor nel gelato al lampone. L’uomo, mentre lei era incosciente, la “condivideva” con altri uomini, lasciando che abusassero di lei mentre lui riprendeva tutto. Oggi si sta celebrando il processo contro il marito e gli uomini accusati di stupro. Gisèle ha scelto di rinunciare al diritto alla privacy e ha testimoniato pubblicamente per far sentire la sua voce.
Leggere articoli sul caso Pelicot mi ha fatto sentire vicina alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Ma se non fosse stato per questo caso, ci sarebbero stati altri processi su violenze contro le donne. Il tema della violenza sulle donne è centrale ogni giorno, ma il rischio è l’assuefazione. Nonostante la cronaca racconti episodi sempre più gravi, il fenomeno non diminuisce. Dopo la morte di Giulia Cecchettin, ci sono stati novantanove femminicidi nel 2024.
Le condizioni delle donne sono cambiate molto rispetto a 60/70 anni fa, grazie a donne che hanno lottato. Le violenze, i femminicidi, le disuguaglianze fanno parte dello stesso orrore. Abbattere questo muro richiede forza e dedizione. È faticoso, ma non dobbiamo temere di indignarci e difendere ogni passo verso la giustizia e la verità.
Il 25 novembre, dobbiamo continuare a parlare e a lottare. Lo dobbiamo alle donne che hanno lottato per portarci verso la luce e a quelle che verranno.

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