Ho fatto la conoscenza di Claudio Sinapi in palestra, frequentata da me da diversi anni. Abbiamo preso dei caffè insieme, ma la nostra relazione è stata puramente amichevole e non è mai andata oltre. Queste sono le dichiarazioni di Gazmir Shahu, un albanese di 39 anni, attualmente sotto processo per gli atti di incendio doloso compiuti su commissione dei coniugi Claudio Sinapi e Annamaria Fortino, che volevano ottenere la casa del loro vicino a un prezzo irrisorio.
Durante l’udienza davanti alla prima sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presieduta da Giovanni Caparco, Gazmir ha chiarito la natura dei suoi rapporti con gli altri imputati, che sono stati condannati con rito abbreviato. In particolare, ha parlato del suo rapporto con il connazionale Renaldo Likaj (condannato a 3 anni e 8 mesi), spiegando che il fratello di Renaldo è il suo migliore amico, ma si è allontanato da lui quando ha scoperto che si drogava.
Gazmir ha anche spiegato le circostanze del suo arresto, sottolineando che i carabinieri lo hanno trovato nudo in bagno perché era estate e dormiva in quel modo quando faceva molto caldo. Ha chiarito di non aver cercato di fuggire. Durante l’udienza è stato interrogato anche l’ingegnere informatico Carmine Testa, che ha confermato l’esistenza di contatti telefonici, soprattutto tramite WhatsApp, tra Gazmir e Sinapi e tra Gazmir e Likaj. Questi contatti sono stati registrati il giorno prima e il giorno dopo il primo incendio doloso.
La posizione di Gazmir, difeso dagli avvocati Paolo Di Furia, Romolo Vignola e Ilaria Blandini, è stata stralciata durante il procedimento con rito abbreviato dinanzi al giudice Daniela Vecchiarelli. In tale sede, il giudice ha inflitto 4 anni di reclusione ai coniugi Sinapi/Fortino per i reati di estorsione e stalking e 3 anni e 8 mesi a Likaj per il reato di incendio doloso.
La vicenda ha avuto inizio quando le vittime, un’intera famiglia, hanno acquistato una casa in piazza Di Rauso a Capua, che interessava anche i coniugi Sinapi. Da quel momento sono iniziate le vessazioni: graffi al portoncino d’ingresso, grondaie tappate con calce per provocare allagamenti, ascensori bloccati e intimidazioni gravi. Le minacce di morte sono state rivolte al capofamiglia e ai suoi parenti.
Dopo i rifiuti di vendere l’appartamento a un prezzo inferiore di 70.000 euro, sono seguiti gli atti di incendio doloso su auto parcheggiate in strada. I coniugi Sinapi, accusati anche di stalking, avrebbero pagato i due albanesi per appiccare il fuoco a sette vetture. Uno dei raid incendiari è avvenuto nel novembre 2022, quando è stata data alle fiamme una Fiat 500 di proprietà del capofamiglia, e l’altro nel maggio 2023, quando è stata bruciata una C3 di proprietà della figlia della vittima.
La prossima udienza è prevista verso la fine del mese di febbraio, durante la quale sarà interrogato Renaldo Likaj e il titolare del bar che si è fatto portavoce di Sinapi per intimidire le persone offese.