I fiumi di droga che scorrevano verso Pagani e i centri della Costiera e della Piana del Sele hanno portato a 35 condanne definitive per altrettanti imputati, dopo che mercoledì scorso i giudici della Corte di Cassazione hanno dichiarato inammissibili i singoli ricorsi. Le condanne vanno dai 2 ai 16 anni di reclusione. L’indagine della Dda Antimafia di Salerno, conosciuta come Delizia – nome che si riferisce all’attività commerciale “Delicious” di proprietà del capo promotore e della sua consorte – ha contestato accuse come associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, detenzione di droga e armi clandestine.
La figura chiave dell’indagine era Giacomo De Risi, 38enne già noto alle forze dell’ordine per precedenti specifici. De Risi è stato individuato come promotore e accusato di gestire canali di approvvigionamento di droga, tra cui il clan Gionta di Torre Annunziata, mentre era agli arresti domiciliari. Si occupava anche di gestire una propria piazza di spaccio, mantenendo la contabilità con i creditori, rifornendo i pusher e seguendo la contabilità dei crediti da incassare giorno per giorno. Le indagini hanno rivelato che chiunque gestisse una piazza a Pagani era obbligato a pagare una tangente al clan Fezza – De Vivo.
Il lavoro dei carabinieri del nucleo operativo di Nocera e della tenenza di Pagani si è sviluppato attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, attività di osservazione video, analisi di tabulati telefonici e pedinamenti. Il gruppo si muoveva utilizzando una pluralità di canali di approvvigionamento sia nel territorio di Pagani che nella provincia di Napoli. Oltre ai Gionta, uno dei fornitori è stato individuato in Nicola Fiore, ex affiliato del clan Contaldo. Inoltre, Giuseppe D’Auria, nipote di Giuseppe Olivieri noto come Peppe Saccone, boss degli anni ’80 a Pagani, è stato coinvolto.
Sono stati ricostruiti centinaia di capi d’accusa dal sostituto procuratore Elena Guarino. Durante l’indagine sono state effettuate perquisizioni personali e locali, così come sequestri di sostanze stupefacenti, come 5 chili di cocaina e 3 di hashish. Dal volume di sostanze approvvigionate e smerciate nel periodo dell’indagine, è stato calcolato un flusso di introiti per l’organizzazione di almeno 5 milioni di euro all’anno. I carabinieri hanno persino scoperto una madre intenta a spacciare, mentre era in compagnia della figlia minore. Il lavoro dell’Antimafia ha coinvolto 54 persone.
In appello sono state concordate oltre quaranta pene, con riduzioni rispetto alle condanne di primo grado. Le droghe principalmente vendute erano cocaina e crack, seguite dall’hashish. Le inchieste successive della Dda hanno rivelato il controllo del clan di Pagani su tutte le piazze di spaccio, alle quali veniva imposta una tangente di 20mila euro.
La Cassazione ha dichiarato inammissibili la maggior parte dei ricorsi, chiudendo definitivamente il procedimento nei confronti degli imputati.