L’avvocato Giovanni Cantelli, difensore del poliziotto Oscar Vesevo, accusato di aver fatto sparire una pen drive dal bunker di via Mascagni dove nel dicembre 2011 fu arrestato il boss Michele Zagaria, ha sostenuto che la principale accusatrice, Rosaria Massa, non sia attendibile. Durante la sua arringa, Cantelli ha argomentato sull’insussistenza delle prove a carico del suo assistito, sostenendo che Massa, che era stata la vivandiera del boss, al momento del blitz sarebbe stata costantemente scortata da agenti che non avrebbero visto Vesevo prendere la pen drive. Anche altri poliziotti che hanno partecipato alla cattura del latitante hanno ammesso di non aver visto Vesevo prelevare il dispositivo. Di conseguenza, le dichiarazioni di Rosaria Massa sarebbero prive di riscontro.
Il pubblico ministero Maurizio Giordano, che ha invocato per Vesevo la condanna a 7 anni, ha annunciato repliche a margine dell’arringa difensiva. Si torna in aula a fine maggio per la risposta della pubblica accusa e la sentenza.
Secondo l’accusa, Vesevo si sarebbe impossessato della pen drive per poi rivenderla. La persona che, secondo la Dda, avrebbe acquistato il dispositivo per 50mila euro da Vesevo è stato assolto da questa specifica accusa in un altro processo già celebratosi. Massa, moglie di Vincenzo Inquieto, è stata la principale accusatrice di Vesevo, ma la sua testimonianza sarebbe inattendibile secondo la difesa. Massa riferì che il giorno della cattura di Zagaria vide Vesevo che prendeva la pen drive, ma aggiunse che la stessa non era del boss ma di proprietà della figlia e che all’interno vi erano solo foto, musica e documenti.
La richiesta della difesa è di assoluzione per Oscar Vesevo, che dovrà attendere la risposta della pubblica accusa e la sentenza prevista a fine maggio.