I detenuti più pericolosi gestiscono gli affari illeciti all’esterno delle carceri italiane grazie all’utilizzo di smartphone e micro telefonini. È quanto emerso dalla perquisizione effettuata nella Casa Circondariale “Antimo Graziano” di Avellino, dove sono stati rinvenuti diversi dispositivi e della sostanza stupefacente.

Secondo Salvatore Tinto, Segretario Regionale FP CGIL, l’utilizzo di telefonini in carcere non è un semplice mezzo per rimanere in contatto con i propri cari, ma rappresenta uno strumento di controllo e sopraffazione dei detenuti più deboli da parte di quelli più pericolosi. Inoltre, i telefonini rappresentano un pericoloso strumento per gestire traffici illegali all’esterno, mantenendo così il proprio status criminale nonostante la detenzione.

Il conteggio esatto dei telefoni scoperti nelle carceri italiane non è disponibile, in quanto il DAP si rifiuta di fornire i dati alle organizzazioni sindacali e all’opinione pubblica. Secondo Mirko Manna, Nazionale FP CGIL Polizia Penitenziaria, l’amministrazione carceraria è semplicemente incapace di porre un argine sistemico all’introduzione dei telefonini nelle carceri, nonostante il Corpo di Polizia Penitenziaria chieda da anni l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche adeguate.

È evidente che il problema dell’utilizzo di telefonini nelle carceri italiane rappresenta una vera e propria emergenza, che richiede l’adozione di misure efficaci e tempestive. Solo così si potrà garantire la sicurezza dei detenuti e del personale penitenziario, nonché contrastare efficacemente le attività illecite gestite dagli detenuti più pericolosi all’esterno delle carceri.

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