Un agente penitenziario in coma dopo un tentativo di evasione da un ospedale a Milano. Carmine De Rosa, 28 anni, è il nome di questo eroico agente che ha cercato di fermare la fuga di un detenuto dall’ospedale San Paolo. Purtroppo, durante il tentativo, De Rosa è caduto da una finestra e ha battuto la testa, finendo in coma.
Il detenuto, di origini marocchine, si era rifugiato nell’ospedale dopo essere stato coinvolto in una rissa con altri detenuti. I poliziotti che lo stavano sorvegliando hanno forzato la porta del bagno in cui si era chiuso, ma il detenuto è riuscito a fuggire attraverso la finestra.
Secondo un sindacalista, in Italia ci sono stati quattro tentativi di evasioni dagli ospedali solo nell’ultimo mese, tutti fortunatamente sventati. Ciò sta creando una situazione di pericolo per i medici penitenziari, che sono sempre più minacciati dai detenuti per ottenere un ricovero ospedaliero.
Il detenuto era in carcere per aver rapinato una persona di un Rolex lo scorso agosto a Milano. L’agente De Rosa ha riportato un grave trauma cranico e lesioni alle vertebre cervicali. Dopo la caduta, le sue condizioni sembravano non essere gravi, tanto che è riuscito a raggiungere da solo il pronto soccorso dell’ospedale. Purtroppo, le sue condizioni si sono poi aggravate.
Secondo Mirko Manna, Coordinatore nazionale FP CGIL per la Polizia Penitenziaria, spesso ci sono carenze di personale di polizia penitenziaria durante le traduzioni e la sorveglianza dei detenuti negli ospedali. Nonostante ciò, non ci sono attenuanti per i provvedimenti disciplinari che possono essere presi contro i colleghi in caso di fuga dei detenuti durante questi trasferimenti.
Inoltre, dopo il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale, i medici e gli infermieri che lavorano nelle carceri sono spesso costretti a inviare i detenuti negli ospedali per evitare possibili azioni legali future. Questa situazione mette a rischio i poliziotti penitenziari, il personale sanitario e anche i detenuti stessi.
Speriamo che i medici che curano il nostro collega riescano a farlo riprendere al più presto e a restituirlo sano e salvo alla sua famiglia e alla nostra comunità lavorativa.