L’epilessia è una malattia neurologica cronica caratterizzata dalla predisposizione a crisi epilettiche, che sono il sintomo distintivo della malattia. Queste crisi si manifestano come una risposta a una scarica elettrica anomala e incontrollata di gruppi di neuroni nel cervello, e si manifestano con contrazioni muscolari, spasmi e talvolta perdita di coscienza. Non tutte le crisi, tuttavia, sono sintomo di epilessia, poiché possono colpire qualsiasi persona.

Si parla di malattia epilettica quando le crisi epilettiche sono ricorrenti, spontanee e si verificano entro 24 ore. Questa condizione è spesso accompagnata da uno stigma sociale, che diventa ancora più forte nel caso delle donne che desiderano una gravidanza. Tuttavia, l’epilessia non è più un motivo per rinunciare alla gravidanza, è solo necessario prendere alcune precauzioni. È consigliabile pianificare le gravidanze in modo da iniziare a assumere regolarmente acido folico, che è stato dimostrato favorire lo sviluppo cognitivo e comportamentale del bambino. È inoltre consigliabile discutere con il proprio medico la possibilità di modificare la terapia antiepilettica.

Sebbene sia quasi impossibile interrompere l’uso dei farmaci antiepilettici in vista di una gravidanza, poiché il rischio di crisi epilettiche è generalmente maggiore del rischio legato ai farmaci stessi, quando possibile si tende a modificare la terapia verso farmaci che possono minimizzare il rischio di malformazioni fetali pur garantendo un buon controllo delle crisi. Attualmente esistono oltre 30 farmaci utilizzati nelle terapie antiepilettiche, ma solo alcuni di essi presentano dati sufficienti riguardo al loro utilizzo in gravidanza.

È stato osservato un lieve aumento del rischio di difetti congeniti a carico del tubo neurale nei bambini esposti a farmaci come il Valproato e il Fenobarbital durante il primo trimestre di gravidanza. Inoltre, per il Valproato sono stati riscontrati un aumento del rischio di disturbi del comportamento e una lieve riduzione delle performance cognitive fin dai primi anni di vita del bambino. Per questo motivo sono state introdotte delle restrizioni sull’uso del Valproato, preferendo terapie con altri farmaci come la Lamotrigina e il Levetiracetam, che presentano un rischio inferiore di complicanze per il bambino quando somministrati a dosi basse. A causa dei cambiamenti metabolici durante la gravidanza, è necessario monitorare regolarmente le concentrazioni plasmatiche dei farmaci, che potrebbero ridursi nel sangue e quindi diminuire l’efficacia antiepilettica. In questi casi è necessario aumentare la dose assunta, ma ciò non corrisponde a un aumento effettivo della quantità di farmaco che raggiunge il cervello, ma serve a compensare il maggiore “consumo” durante la gravidanza. Inoltre, l’uso di più farmaci antiepilettici contemporaneamente rispetto alla monoterapia aumenta il rischio di effetti teratogeni, soprattutto se è presente il Valproato.

Al giorno d’oggi, le informazioni sull’uso dei farmaci antiepilettici in gravidanza sono ancora limitate, pertanto sono necessari ulteriori studi per valutare i rischi associati ai nuovi farmaci antiepilettici.

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