Milano. Domenica scorsa è morto nel carcere Opera di Milano Francesco Matrone, 76 anni, boss di Scafati, che era detenuto in regime di 41 bis. L’uomo aveva due ergastoli da scontare e aveva trascorso gran parte della sua vita tra il carcere e la latitanza, l’ultima delle quali era finita nel 2012 sulle montagne di Acerno. Secondo le prime indiscrezioni, il decesso sarebbe stato causato da un arresto cardiocircolatorio, ma le cause sono ancora da chiarire.

L’amministrazione penitenziaria, su input dei magistrati della Dda, ha disposto l’autopsia sulla salma per cercare di fare chiarezza sulla situazione. Non è ancora stata stabilita la data dei funerali, che si terranno in forma privata su disposizione del questore di Salerno.

Francesco Matrone, considerato il capo dell’omonimo clan, era soprannominato ‘a Belva per la ferocia con cui trattava le sue vittime e gli avversari camorristici. La sua ascesa criminale risale agli anni ’80, quando, alleato con il clan Alfieri-Galasso e insieme al boss Pasquale Loreto, diventò il capozona di Scafati e fu uno dei protagonisti della guerra criminale contro gli esponenti della Nco di Raffaele Cutolo.

Il clan Loreto-Matrone ha tenuto sotto scacco industriali conservieri e imprenditori edili per oltre vent’anni, fino a quando Pasquale Loreto decise di collaborare con la giustizia e Matrone finì in carcere per scontare due ergastoli e una condanna per estorsione.

Nel 2000, a seguito dell’annullamento di una condanna all’ergastolo, gli fu imposto il regime di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Scafati. Tuttavia, il 14 giugno 2007 diventò irreperibile e la sua latitanza terminò solo cinque anni dopo, il 12 agosto 2012, ad Acerno, in provincia di Salerno.

Il boss, considerato uno dei 30 latitanti più pericolosi d’Italia, amante della caccia, si era rifugiato sulle montagne salernitane, dove viveva in un rifugio al quale era impossibile accedere senza essere visti. I carabinieri del Ros di Salerno, per individuare il suo nascondiglio, seguirono per mesi possibili fiancheggiatori e suo figlio, Antonio ‘Michele’ Matrone, che secondo gli inquirenti era destinato a succedere al padre nella gestione degli affari di famiglia.

Francesco Matrone era detenuto in regime di 41 bis per una condanna all’ergastolo inflittagli per essere stato il mandante dell’omicidio di Salvatore Squillante, avvenuto a Sarno nel marzo del 1980. Nonostante numerosi collaboratori di giustizia, come Pasquale Loreto, Pasquale Galasso e Carmine Alfieri, abbiano fornito informazioni sui suoi affari criminali nel corso degli anni, Matrone non ha mai ceduto alla tentazione di collaborare. È rimasto irriducibile fino alla fine dei suoi giorni. Secondo i giudici, era ancora in grado di mantenere contatti e collegamenti con frange del suo gruppo criminale. Nelle ultime relazioni della Dia, gli inquirenti hanno sottolineato come l’influenza e il carisma del boss, nonostante fosse da oltre un decennio in carcere, fossero ancora vivi.

Cronache della Campania è presente anche sul servizio di Google, se vuoi essere sempre aggiornato sulle ultime notizie seguici su Google News.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui