Cuori, baci, sorrisi, emoticon. Dita incrociate a forma di cuore, occhiolini e sottofondo musicale. E ancora, parole scritte in grassetto e a stampatello: “Non ti lascerò mai… farò mille sacrifici per te…”; senza contare un monito che assume suggestioni para mafiose: “Di te può parlare solo chi è in grado di dare un esempio”. Questo è il bestiario social che ruota attorno al 16enne ritenuto responsabile dell’omicidio di Giovanbattista Cutolo, il musicista napoletano ucciso senza un motivo lo scorso 31 agosto all’interno di un pub in piazza Municipio.

Nelle ultime ore, circola sui social – in particolare su TikTok – una foto del minorenne reo confesso del delitto, recluso in un carcere con l’accusa di omicidio volontario dell’artista partenopeo. È stato postato da una parente, che si presenta ai suoi follower come “zia” e che non lesina parole di incoraggiamento nei confronti del ragazzo. Una foto recente, sembra di capire, probabilmente ricavata da un colloquio da remoto consentito dalla legge ai minori reclusi. Una vicenda che ha sollevato la denuncia del parlamentare dei Verdi Francesco Borrelli, che chiede verifiche a stretto giro, ma anche uno stop alla deriva social che appartiene ad alcuni contesti criminali. Una vicenda su cui interviene la polizia postale, che ha un doppio obiettivo: da un lato di verificare eventuali irregolarità nella diffusione della foto del minore (anche a tutela dello stesso 16enne indagato per l’omicidio Cutolo); dall’altro rimuovere quell’immagine, con tutto il corollario di musica, scritte, icone e suggestioni decisamente di dubbio gusto.

Ma restiamo alla cronaca dell’ultimo caso legato alla sciagurata alba di piazza Municipio, lo scorso 31 agosto, all’indomani del corteo romano dei genitori di Giogiò che chiedono alla politica di inasprire le pene per i babykiller. Scrive una donna: “Cuore di zia, non ti lascerò mai e nessuno deve parlare male di te, potete parlare di lui solo se nella vita siete un esempio, non ti lascerò mai, farò mille sacrifici per te”. Immediata la replica di Borrelli: “Invece di provare vergogna c’è chi offre sostegno e solidarietà verso l’assassino di un ragazzo estraneo alla camorra, un musicista che, fortunatamente, è diventato l’emblema della Napoli pulita, che lavora, studia, fa sacrifici e onora una delle città più antiche dell’area mediterranea”.

Ora si attendono accertamenti, mentre vanno avanti le indagini per ricostruire responsabilità e connivenze legate al delitto di Giogiò. Si parte dall’indagato numero uno, il minorenne esecutore materiale. Per poi puntare l’indice contro i presunti complici. Proviamo a ragionare alla luce delle indagini condotte dalla Procura per i minori e della Procura ordinaria, sulla scorta del lavoro svolto dal primo dirigente della Squadra Mobile Alfredo Fabbrocini: il 16enne, come è noto, ha confessato, provando però a ridurre la portata della propria condotta. Ha ammesso di aver fatto fuoco, raccontando una versione che risulta poco credibile, sulla scorta delle immagini raccolte all’interno del pub di piazza Municipio.

Stando alla versione sostenuta dai pm, quella mattina il gruppo del musicista venne aggredito senza un motivo, all’interno del pub. Non una rissa, ma un’aggressione. Furono gli amici del 16enne a sferrare calci e pugni e a brandire sedie contro ragazzi inermi. In un angolo del bar, il giovane assassino decide di entrare in azione, proprio quando si accorge che il 24enne musicista sta avendo la peggio: spara tre colpi, l’ultimo alla schiena. Un omicidio a freddo, senza un motivo. Resta da mettere a fuoco invece il ruolo di almeno tre amici del 16enne. Sono adulti, oggetto delle indagini condotte dal pm Danilo De Simone, in uno scenario nel quale i genitori della vittima – rappresentati dal penalista napoletano Claudio Botti – sono pronti a costituirsi parte civile.

Inchiesta in corso, indagini per violenza, in uno scenario che ora attende la conclusione delle indagini. Inchiesta sul giovane killer reo confesso (e sulla provenienza dell’arma usata), ma anche sul sistema di protezione nel quale è stato accudito il giovane malvivente. Un sistema che sembra cercare sponda anche tramite i canali social, con parole di solidarietà e avvisi alla platea di follower.

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