La sfida del clan Rega-Piacente al sindaco di Brusciano ha portato alla segnalazione della situazione di ingovernabilità della città al prefetto di Napoli e alla Commissione Parlamentare Antimafia. Questo emerge dall’ordinanza del gip di Napoli che ha disposto 41 misure cautelari nei confronti del clan. Durante il periodo della faida tra i Rega-Piacente e il clan Esposito-Palermo, l’ex sindaco Giuseppe Montanile aveva segnalato le difficoltà che incontrava e aveva subito sfide da parte della camorra locale. Dopo l’assegnazione della protezione individuale, la maggior parte dei consiglieri comunali si era dimessa e il comune era stato sciolto. Successivamente, è stato arrestato il boss Bruno Piacente, ma è stata sua moglie Tiziana De Donato a prendere il controllo dell’organizzazione malavitosa. La De Donato si occupava della vendita della cocaina e riscuoteva gli incassi attraverso altri due indagati. Nell’ordinanza si descrive anche il controllo totale del clan sulle palazzine e sullo spaccio di droga, con regole rigide e turni di lavoro. Durante le indagini, i carabinieri hanno scoperto che i pusher si lamentavano del “vizio” di bere caffè durante il lavoro, e hanno organizzato una trappola per arrestarne uno. La moglie del boss, inconsapevolmente, ha fatto scattare la trappola lamentandosi del vizio dei pusher di chiamare al bar. Lo spaccio avveniva anche sotto gli occhi dei bambini, con regole severe e un ritardo poteva costare il licenziamento. Le palazzine erano state trasformate in un’azienda della droga, con divisione dei ruoli e paga diversa in base alle ore lavorate. Le vedette, ad esempio, venivano pagate 100 euro per un turno di 8 ore. Il clan controllava completamente le palazzine, facendo sparire le chiavi e rimuovendo i citofoni. Per entrare, bisognava essere riconosciuti dallo spacciatore di turno, che apriva il portone solo dopo aver verificato l’identità. Gli inquirenti hanno documentato anche un episodio in cui uno spacciatore ha impedito a una donna di fare le pulizie.

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