Nel corso della giornata, sono stati svolti i primi interrogatori di garanzia delle persone coinvolte nell’indagine, e gli inquirenti hanno focalizzato la loro attenzione su una vicenda che è emersa dall’operazione condotta dalla Guardia di Finanza, scuotendo la movida salernitana. Dall’inizio dell’inchiesta, che coinvolge 31 persone e ha portato all’arresto domiciliare di sei soggetti, emerge un’organizzazione a sistema piramidale, con il vertice rappresentato da Domenico Zeno e Vincenzo Bove. Questi due avrebbero potuto contare sulla collaborazione di due soci-finanziatori e di altrettanti commercialisti compiacenti, oltre a diversi prestanome che avrebbero fittiziamente posseduto alcuni dei bar e dei ristoranti più frequentati della movida. La ricostruzione dei fatti emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice Annamaria Ferraiolo, secondo la quale Zeno e Bove dovrebbero essere riconosciuti come i capi promotori e organizzatori dell’associazione. Secondo l’accusa, i due si occupavano direttamente della gestione delle attività commerciali appartenenti al gruppo e della preparazione delle pratiche formali relative alle intestazioni fittizie, essendo unanimemente considerati i veri referenti dei locali che rientrano nell’ambito di influenza dell’associazione.