Le carceri italiane sono state recentemente scosse da una serie di indagini che hanno portato alla luce un traffico illecito di armi, droga e telefoni cellulari all’interno degli istituti penitenziari di quasi tutta Italia, compresi quelli di massima sicurezza. Le indagini condotte dalla polizia e coordinate dalla Dda di Napoli hanno portato all’arresto di venti persone, accusate di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione di armi da fuoco e accesso indebito a dispositivi di comunicazione da parte di detenuti.

L’indagine è stata avviata dopo il ritrovamento di cellulari nel carcere di Secondigliano e ha coinvolto diverse unità investigative, tra cui il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia penitenziaria e la Squadra Mobile di Frosinone. Le indagini hanno rivelato l’esistenza di una struttura criminale che garantiva l’approvvigionamento di telefoni cellulari e droga in molteplici carceri italiane, tra cui Frosinone, Napoli Secondigliano, Cosenza, Siracusa, Lanciano, Augusta, Catania, Terni, Rovigo, Caltanissetta, Roma-Rebibbia, Avellino, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona.

In particolare, è emerso che organizzazioni di tipo camorristico assoldavano individui per garantire il costante rifornimento di apparecchi di comunicazione e stupefacenti ai detenuti, monopolizzando così la distribuzione all’interno delle carceri coinvolte. È stato anche scoperto l’utilizzo di droni modificati per introdurre dispositivi elettronici nelle strutture carcerarie, consentendo il sorvolo di aree militari e il trasporto di un maggior peso in volo.

Le investigazioni hanno portato all’arresto di undici persone ritenute gravemente indiziate di associazione di tipo mafioso, estorsioni, traffico di stupefacenti, detenzione di armi e uso di dispositivi di comunicazione in carcere. Durante le indagini sono state sequestrate armi da fuoco e sono stati documentati scambi armati tra i gruppi coinvolti, così come atti intimidatori come esplosioni di ordigni artigianali presso esercizi commerciali.

Inoltre, è emerso che gli affiliati detenuti erano in grado di comunicare con quelli liberi, impartendo disposizioni attraverso smartphone illecitamente detenuti all’interno delle carceri. Questa serie di indagini ha messo in luce la complessità e l’organizzazione di attività illecite all’interno delle carceri italiane, sottolineando la necessità di ulteriori misure per contrastare il traffico illegale all’interno delle strutture penitenziarie del paese.

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