Il capo del clan Domenico Belforte, detenuto nel carcere di massima sicurezza 41 bis, ha visto respinto il suo ricorso per ottenere un regime carcerario meno rigido. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha ritenuto che Belforte mantenga ancora un ruolo di rilievo all’interno del clan e che non abbia mostrato segni di pentimento o distacco dalle attività criminali.
Le autorità giudiziarie hanno evidenziato diversi elementi che confermano la pericolosità del capo mafioso, tra cui l’arresto di numerosi affiliati al clan Belforte, il sequestro di beni a imprenditori legati alla cosca e l’incriminazione di Belforte per l’omicidio del suo amante nel 1991. Anche il fatto che il figlio e la moglie del ras siano stati rilasciati di recente ha contribuito a confermare la pericolosità della famiglia.
Inoltre, le intercettazioni telefoniche e le conversazioni in carcere hanno evidenziato il tentativo di Belforte di influenzare le attività del clan e di dissuadere eventuali collaboratori. Anche i provvedimenti disciplinari comminati al capo mafioso per danneggiamenti durante il trasferimento in un altro carcere hanno fatto emergere la sua pericolosità e la sua volontà di mantenere il controllo sulle attività criminali.
Il Tribunale di Sorveglianza ha quindi confermato la decisione di mantenere Domenico Belforte nel regime carcerario duro, considerandolo ancora una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza.