Gli uomini erano in grado di trasformare i cereali in farina per l’alimentazione già circa 20mila anni prima dell’invenzione dell’agricoltura, come dimostra una nuova scoperta archeologica. La ricerca internazionale, coordinata dall’Istituto italiano di preistoria e protostoria e che ha coinvolto i ricercatori delle Università di Genova, Firenze, Siena, Bologna e Montreal (Canada), ha portato alla luce dei macinelli datati intorno a 43-39 mila anni fa.

Lo studio, pubblicato su ‘Quaternary Science Reviews’, ha evidenziato come la macinazione a scopo alimentare risalga al periodo di transizione fra Neanderthal e Homo sapiens. I macinelli provengono da due siti paleolitici in Italia posti a circa mille chilometri di distanza lungo il versante tirrenico della penisola: Riparo Bombrini, nell’area archeologica dei Balzi Rossi (Imperia), e Grotta di Castelcivita, ai piedi del Massiccio degli Alburni (Salerno).

Sulla superficie dei macinelli sono stati trovati granuli di amido con morfologia diversificata a testimoniare l’uso di piante differenti, tra le quali cereali selvatici. La presenza di pratiche simili di macinazione in contesti di transizione sottolinea come alcune conoscenze tecnologiche e certe abitudini alimentari fossero diffuse in entrambe le popolazioni, forse in seguito a contatti o forse come retaggio già presente all’interno delle due differenti tradizioni culturali.

Il macinello proveniente dai livelli musteriani del Riparo Bombrini costituisce una delle più antiche testimonianze di processo e trasformazione di prodotti vegetali in Europa. I due macinelli rinvenuti alla base e al tetto della sequenza protoaurignaziana della Grotta di Castelcivita, oltre ad avere analoga morfologia, presentano modifiche intenzionali atte a renderli più funzionali. Questa somiglianza indica il permanere del medesimo retroterra tecnologico durante le diverse fasi culturali del locale Protoaurignaziano.

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