Nel terzo episodio di questo focus, ci concentriamo sulla parte del verdetto emesso dal giudice Provisier riguardante gli imprenditori di Casal di Principe trapiantati a Capua, che sono stati costretti per diversi mesi alla reclusione carceraria e domiciliare.

Il giudice Fabio Provisier è convinto, come afferma nella motivazione della sua sentenza assolutoria, che i cugini Franceso e Giuseppe Verazzo non siano colpevoli né del reato di concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso, né tantomeno di quello ancora più grave di intraneità, ovvero di associazione a delinquere di stampo mafioso, cioè di partecipazione diretta al clan dei casalesi. Questa ricostruzione era stata fatta dal pubblico ministero della Dda, sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nicola Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, secondo le quali i Verazzo avrebbero assunto direttamente le redini del clan nella città di Capua a partire dal 2004.

Il giudice Provisier ritiene che le dichiarazioni di Schiavone non siano sufficienti e che non si incrocino completamente con le testimonianze dell’altro pentito Francesco Zagaria. Lo stesso vale per le affermazioni di Panaro e dei fratelli Amodio, che denunciano i Verazzo senza fornire dettagli sulle presunte relazioni tra di loro e il clan dei casalesi. Tra l’altro, i fratelli Amodio erano in causa con i Verazzo in un procedimento giudiziario in cui chiedevano un risarcimento di 6 milioni di euro per presunti danni subiti.

Secondo il giudice, le dichiarazioni di Nicola Schiavone sono frammentarie e poco dettagliate. Inoltre, quando il sindaco di Capua Carmine Antropoli viene assolto con formula piena dal reato di concorso esterno, cade almeno l’80% dell’accusa di Nicola Schiavone sui Verazzo, che erano stati etichettati come intermediari del clan con il sindaco Antropoli. Anche le narrazioni del pentito sul ruolo dei Verazzo come intermediari con altri politici e amministrazioni sono generiche e non trovano riscontri.

In sintesi, nelle sei pagine dedicate ai motivi dell’assoluzione di Francesco e Giuseppe Verazzo, il giudice Provisier smonta l’idea che ci fosse un sodalizio di affari tra di loro e il sindaco Antropoli. Questi imprenditori di Casal di Principe, trapiantati a Capua da decenni, vincono una sola gara durante l’epoca di Antropoli, ma in realtà non si classificano neppure secondi o terzi, ma addirittura quarti. Inoltre, le prime tre classificate vengono escluse per violazione dell’allora vigente articolo 86 del Decreto legislativo n.162/2006, mentre la Cogever dei Verazzo viene ripescata. La stessa Dda ha chiesto l’assoluzione degli imprenditori, di Antropoli e del dirigente del comune di Capua, Francesco Greco, su questo capo di imputazione. Questo episodio diventa una prova che mette in discussione l’accusa di concorso esterno, rendendo totalmente illogica la costruzione accusatoria.

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