Ventidue coltellate, un numero più elevato rispetto a quanto rilevato inizialmente dal medico legale, sono state inflitte con una violenza tale da causare ferite profonde al fegato, al cuore, ai polmoni e persino la frattura di una costola. Questo è ciò che è emerso dalla prima autopsia eseguita sul corpo di Paolo Menditto, lo spacciatore ucciso una settimana fa nel suo appartamento ad Aversa dal militare dell’Esercito Italiano, Paolo Scarano, attualmente detenuto nel carcere militare con l’accusa di omicidio d’impeto aggravato dalla crudeltà. L’esame autoptico, ordinato dal pubblico ministero di Napoli Nord, Marco Lojodice, ha confermato la violenza utilizzata dal caporale per sfogare tutta la sua rabbia sul corpo dello spacciatore che aveva rapporti sessuali con la fidanzata tossicodipendente di Scarano, in cambio di dosi gratuite.

L’autopsia è stata eseguita presso l’Istituto di Medicina Legale di Giugliano in Campania, alla presenza del medico legale nominato dalla Procura di Napoli Nord, la dottoressa Raffaella Luce, e del dottor Giuseppe De Rosa, consulente tecnico nominato dalla difesa di Scarano (gli avvocati Giuseppe Cipullo e Natalina Mastellone). Sul cadavere di Menditto è stato anche eseguito un esame tossicologico. Per Paolo Scarano, la convalida dell’arresto è arrivata domenica scorsa: il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli Nord, Ilaria Giuliano, ha escluso la premeditazione nel delitto, come richiesto dalla difesa. Tuttavia, il giudice ha accettato la tesi dell’accusa, ovvero l’aggravante della crudeltà. Nel provvedimento, il giudice ha ritenuto che le autoaccusazioni dell’indagato fossero attendibili, anche in base alle testimonianze di altre persone informate dei fatti ascoltate dopo il delitto. Scarano ha fornito spiegazioni aggiuntive riguardo a determinati passaggi dell’interrogatorio precedentemente reso davanti al pubblico ministero, classificando infine l’omicidio come un delitto d’impeto aggravato dalla crudeltà. Un delitto commesso a causa della forte gelosia che si era scatenata nel militare dopo aver scoperto che la sua ragazza aveva rapporti sessuali con il suo spacciatore. In soli quindici giorni, si era innamorato follemente della ragazza di 26 anni, spesso senza fissa dimora, conosciuta come “alle palazzine”. Lei stessa, quando ha saputo che Scarano aveva ucciso lo spacciatore, gli ha inviato un messaggio tramite il telefono della madre, in cui gli ha scritto: “Vergognati”.

Ancora non è stata trovata la lama da 15 centimetri con cui Scarano ha ucciso Menditto, descritta dettagliatamente dall’accusato, che l’ha gettata in un cassonetto giallo lungo la variante di Aversa. Dopo il delitto, Scarano si è cambiato di fronte alla porta di casa della madre e si è sbarazzato anche degli abiti, mettendoli in un sacchetto gettato nel cassonetto dei rifiuti. Durante la colluttazione e l’aggressione brutale, si sarebbe lievemente ferito a una mano. Durante l’interrogatorio, ha ammesso di assumere sostanze stupefacenti fin da giovane.

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