Maria è una donna coraggiosa e una sopravvissuta. Ha avuto la forza di sfuggire alla gelosia del marito violento e persino a un tentativo di suicidio. Chiamiamola Maria, anche se questo è solo un nome di fantasia. La sua storia inizia circa dieci anni fa, prima ancora che venisse introdotto il codice rosso. Nonostante tutto, è riuscita a sopravvivere grazie al coraggio di una cugina che non ha voltato le spalle e l’ha accompagnata in un centro antiviolenza. La sua storia ha inizio prima del codice rosso, e per questo Maria ha dovuto combattere contro la mancanza di protezione e contro un muro di omertà. La sua è una storia familiare, in cui subisce non una, ma due forme di violenza. Da una parte, le avances opprimenti e imbarazzanti del suocero, dall’altra la gelosia del marito che aveva intuito ciò che stava accadendo.
Maria e il marito avevano due bambine di 5 e 7 anni. Era il mese di agosto di dieci anni fa quando la donna varcò la soglia del centro antiviolenza, accompagnata dalla cugina. Faceva caldo, ma Maria aveva braccia, collo e gambe coperte. Portava occhiali da sole vistosi, un modo per nascondere i lividi e le ferite inflitte dal marito. L’ultima volta, lui l’aveva picchiata davanti alle bambine. È stato in quel momento che Maria ha pensato di porre fine a tutto. La mattina successiva ha aperto le finestre del balcone di casa, ha preso le bambine con sé e ha pensato di gettarsi giù. “Un attimo e questa tragedia sarebbe finita per sempre… Ho pensato così, ma poi non l’ho fatto”, racconta oggi Maria. Le professioniste del centro di ascolto sono state quelle che l’hanno seguita, supportata, consigliata ed educata a dire “no”. E così Maria ha cominciato ad acquisire coraggio, a ribellarsi contro quell’uomo violento, possessivo e geloso, incapace di affrontare suo padre ma abile solo nel picchiare la sua donna. “Se ti avvicini, vado dai carabinieri”, gli gridava quando sapeva che stava per colpirla. E poi c’erano le registrazioni delle violenze e delle minacce che lui faceva. È così che Maria ha trovato il coraggio di separarsi. Durante il procedimento di separazione, sono emerse registrazioni e violenze che hanno spinto i giudici a inviare tutto il materiale alla procura. Dopo la separazione, Maria si è rifatta una vita. Oggi le figlie sono grandi e lei ha un nuovo compagno.
“L’esperienza che ho maturato negli anni come avvocato matrimonialista e familiare mi porta a ritenere che la violenza psicologica sia a volte ancora più pesante di quella fisica, perché provoca pregiudizi ancora più gravi e talvolta irreversibili, come le cicatrici dell’anima”, spiega Alba De Felice, presidente onorario dell’Associazione nazionale matrimonialisti di Salerno e presidente distrettuale di Nocera Inferiore. “Credo che molto possa essere fatto da coloro che intercettano i segnali della violenza. Dovremmo tutti diventare sentinelle sociali capaci di sostenere la vittima non appena rileviamo tali segnali e di accompagnarla da specialisti. Un aiuto concreto ed efficace può essere offerto alla donna solo attraverso una rete di persone competenti e sinergiche che la aiutino a liberarsi e a vivere una vita serena”.