POMPEI. L’eruzione del Vesuvio è un evento che ha segnato la storia della Campania, con effetti devastanti su Pompei, Ercolano e Stabia nel 79 dopo Cristo. Ma cosa succederebbe se il vulcano dovesse eruttare di nuovo, con una colata di fuoco che investirebbe l’intera Piana Campana? Questa vasta area pianeggiante, che si estende dal Tirreno all’Appennino Campano, è particolarmente vulnerabile agli effetti delle colate di lava a causa dei depositi piroclastici presenti sulle pendici dei vulcani Vesuvio e Campi Flegrei. In caso di intense piogge, questi materiali potrebbero rimobilizzarsi, creando colate di fango pericolose per le popolazioni che abitano la zona.

L’acqua è un elemento che accompagna spesso le colate di lava, creando colate di fango o lahar, flussi di fango generati dai materiali espulsi dal vulcano insieme a masse d’acqua. Questi fenomeni sono tra i più pericolosi che possono accompagnare le eruzioni vulcaniche, con effetti drammatici lungo le valli ai piedi dei vulcani. Studi condotti sull’eruzione del 472 e del 1631 dopo Cristo hanno permesso di elaborare mappe di pericolosità probabilistica per l’intera area, tenendo conto delle diverse condizioni ambientali come il vento.

Le opere realizzate dai Borbone per contenere le alluvioni, le piene dei torrenti e le colate di lava dal Vesuvio sono ancora visibili oggi. Le briglie, canaloni artificiali edificate alle pendici del Vesuvio e del Monte Somma, erano potenti mura di pietra lavica che correggevano la pendenza dei torrenti e trattenevano il materiale portato giù dalle acque mescolato alla lava. Oggi, queste opere sono in gran parte abbandonate e riempite da detriti, ma potrebbero essere rivalutate e migliorate alla luce della moderna ingegneria, per garantire una maggiore sicurezza alle popolazioni che vivono in quest’area a rischio.

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