A Procida le scuole sono state sgomberate, in via precauzionale, dal sindaco Dino Ambrosino poco dopo la scossa con la ressa dei genitori in apprensione, mentre a Napoli, a Quarto e a Monte di Procida le lezioni non sono state sospese ma centinaia di genitori, in modo autonomo, hanno comunque deciso di prelevare i propri figli impauriti dopo il sisma di magnitudo 3.6 registrato poco dopo l’avvio delle lezioni. Quanto accaduto tre giorni fa dimostra quanto sia spesso distante la teoria delle linee-guida e delle esercitazioni dalla reazione concreta di migliaia di genitori in preda all’ansia. E quanto sia complicato gestire la situazione che si viene a creare quando il terremoto avviene tra i banchi di scuola. Con scelte diverse: dalle scuole dell’infanzia fino alle scuole secondarie di secondo grado. Eppure i protocolli di sicurezza e i piani di emergenza ci sono da anni, così come le direttive impartite dalla protezione civile nazionale e dall’ufficio scolastico regionale hanno l’obiettivo di uniformare la risposta delle varie istituzioni scolastiche in caso di terremoto. Direttive che mirano a tutelare, innanzitutto, l’incolumità di studenti e docenti, ma anche ad evitare caos in momenti delicati quali quelli successivi ad una scossa. Come spiega Filippo Monaco, vicesindaco di Pozzuoli e dirigente dell’istituto professionale statale «Petronio»: 1.800 alunni, metà dei quali fanno lezione nel plesso di via San Gennaro, a poche centinaia di metri dalle bocche della caldera della Solfatara epicentro di migliaia di scosse negli ultimi 3 anni. Un istituto nel cuore della zona rossa bradisismica.

Il piano «Nella nostra scuola abbiamo stilato un piano di evacuazione che viene costantemente aggiornato dal nostro responsabile del servizio di prevenzione e protezione e che seguiamo ogni volta che c’è una scossa – sottolinea Filippo Monaco – Facciamo prove di evacuazione almeno una volta al mese e, negli ultimi mesi, le abbiamo intensificate ulteriormente». Le linee-guida teorizzate nelle simulazioni, che a Pozzuoli e negli altri Comuni della zona rossa stanno diventando cronaca quotidiana, prevedono che gli studenti, i docenti e il personale amministrativo restino nelle aree esterne dei punti di raccolta almeno per una ventina di minuti, monitorando che nel frattempo non ci siano state altre scosse. Terminato lo sciame e verificata l’assenza di danni, tutti rientrano in fila indiana in classe per riprendere le regolari lezioni. Ma spesso è in questo frangente che la teoria delle linee-guida si scontra con la realtà di uscite anzitempo degli alunni, tra ressa e traffico stradale in tilt. «Quando scatta l’allarme terremoto facciamo uscire in fila i ragazzi e teniamo un foglio di firma da compilare nelle aree di attesa – aggiunge Monaco – il nostro personale docente è stato formato anche per l’evacuazione degli studenti diversamente abili. Comprendo l’ansia dei genitori, ma in questi momenti è fondamentale seguire i piani di evacuazione e affidarsi alla scuola, anche perché tendenzialmente gli edifici scolastici sono tra i più sicuri».

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