La Corte di Cassazione conferma la condanna all’ergastolo di Senbel Habdrerrahim, 57enne marocchino per l’omicidio della moglie connazionale Mina Safine, 45 anni di San Nicola la Strada, bruciata viva la sera del 20 settembre 2020 nel loro appartamento a via Tiboni a Urago Mella (Brescia). È quanto stabilito dai giudici della Suprema Corte che hanno confermato la condanna inflitta al 57enne dalla Prima Sezione Penale della Corte d’Assise del tribunale di Brescia presieduta da Roberto Spanò che ravvisò in “Senbel Habdrerrahim un estremista reo dell’omicidio della propria moglie colpevole forse di essersi occidentalizzata pur rispettando la cultura islamica”.

Non ha retto in Cassazione la versione del tentato suicidio di Mina Safine e si è delineata sempre più la tesi della responsabilità dell’uxoricida. Tesi sempre sostenuta dagli avvocati Angela Carrozza e Ciro Paolo Ascione, legali rappresentanti dei familiari di Mina Safine residenti a San Nicola la Strada e Marcianise, che hanno fatto emergere il labile castello di omissioni e contraddizioni dell’uxoricida marocchino che si è professato innocente. La ricostruzione operata da Senbel Habdrerrahim della sera di quel tragico 20 settembre in via Tiboni è apparsa molto fumosa.

Per l’imputato la moglie depressa si sarebbe cosparsa di liquido infiammabile sulla testa e con un accendino tenuto nel palmo della mano sinistra si sarebbe data fuoco. Mentre la donna ardeva tra le fiamma lui che dormiva si sarebbe svegliato di colpo ed avrebbe cercato dopo svariati minuti di prendere una coperta per spegnere le fiamme riportando lui stesso ustioni di primo grado a braccia e mani. Una ricostruzione agghiacciante che non ha convinto né l’Assise, né la Corte d’Assise d’Appello e finanche la Corte di Cassazione.

Difatti perizie medico-legali, testimonianze, interrogatori resi agli inquirenti hanno fatto emergere i profili di una tragedia annunciata forse. Mina Safine mentre le fiamme le bruciavano il corpo per il 90% negli ultimi minuti di lucidità avrebbe chiamato lei stessa i soccorsi in un ultimo istinto di sopravvivenza spiegando quanto stesse accadendo tra le mura domestiche per poi perdere i sensi. Morí il 28 settembre presso il Reparto Grandi Ustionati dell’ospedale Gaslini di Genova.

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