La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere contro l’ordinanza emessa il 22 marzo 2024 dal Giudice dell’esecuzione, relativa al caso A.A., classe 1942, accusato di abusi edilizi e violazioni urbanistiche.
La vicenda, che affonda le radici nel 2002, ha visto alternarsi decisioni giudiziarie e amministrative in merito a opere abusive realizzate a Caserta. Il fulcro del caso risiede nella validità di un permesso di costruire in sanatoria rilasciato nel 2008, successivamente annullato in autotutela nel 2016 dal Comune di Caserta, e poi ripristinato dal TAR Campania nel 2019 con sentenza definitiva.
Le tappe del caso
Sentenza originaria (2002): il cittadino fu condannato per plurime violazioni urbanistiche, con un ordine di demolizione relativo agli abusi edilizi.
Permesso in sanatoria (2008): Nonostante l’ingiunzione di demolizione, il Comune rilasciò un permesso di costruire in sanatoria.
Annullamento in autotutela (2016): Il Comune dichiarò illegittimo il permesso di costruire.
Decisione del TAR (2019): Il TAR Campania annullò l’atto comunale, stabilendo che l’acquisizione delle opere abusive al patrimonio comunale non si era completata per difetto di notifiche all’interessato.
La decisione della Cassazione
La Cassazione ha rigettato il ricorso del Procuratore, dichiarandolo inammissibile. Il ricorso si fondava sulla presunta illegittimità del permesso di costruire in sanatoria, in quanto emesso dopo l’acquisizione dell’opera abusiva al patrimonio comunale per decorso del termine di 90 giorni dall’ingiunzione di demolizione. La Corte ha sottolineato che il tema dell’acquisizione del bene al patrimonio comunale è già stato affrontato e risolto dal giudicato amministrativo del TAR. Inoltre, ha rilevato che i motivi del ricorso, relativi alla volumetria delle opere e alla presenza di vincoli urbanistici, non incidono sulla legittimità del permesso rilasciato nel 2008, ritenuto tuttora valido. La Cassazione ha confermato che il giudice dell’esecuzione non poteva disconoscere il giudicato amministrativo e ha ribadito l’importanza della chiarezza nei rapporti tra giustizia amministrativa e penale. Con questa decisione, si chiude un complesso iter giudiziario, rimandando eventuali nuovi accertamenti al giudice dell’esecuzione in caso di ulteriori ricorsi.