Le indagini sull’inchiesta Dolce Vita hanno subito un’accelerazione quando è emerso il tentativo di depistaggio e di dispersione dei mezzi di prova da parte dell’ex sindaco Gianluca Festa, tutt’ora agli arresti domiciliari. In sostanza quando il sindaco, come si evince dalle immagini delle telecamere spia, ha portato via il computer dal suo studio al comune. E’ quanto emerge dalle poche pagine dell’ordinanza emessa dal tribunale di Napoli, dopo il ricorso al riesame per far valutare la sussistenza dei provvedimenti restrittivi della libertà personale per l’indagato, l’architetto Fabio Guerriero, difeso dagli avvocati Marino Capone del foro di Avellino e Nicola Quatrano del foro di Napoli.
Fabio Guerriero (finito ai domiciliari il 18 aprile e scarcerato il 6 maggio) è l’unico dei tre indagati sottoposti agli arresti domiciliari non più sottosto a misure interdittive dopo l’annullamento dell’ordinanza cautelare del gip Argenio. I giudici del tribunale della Libertà hanno accolto un unico motivo del ricorso presentato dai suoi legali. Quello relativo all’insussistenza delle esigenze cautelari in quanto non è un pubblico ufficiale ed è coinvolto ad avviso dei giudici partenopei in un’unica vicenda oggetto di indagine. Dunque per i giudici del Tribunale del Riesame la posizione di Fabio Guerriero è completamente diversa rispetto a quella degli altri co-indagati sottoposti a misura in quanto «è un soggetto privato la cui condotta illecita risulta connotata da occasionalità, in quanto i motivi dell’azione sembrano relegati alla sfera dei rapporti personali tra il ricorrente e la vincitrice del concorso» anche lei indagata a piede libera, Marianna Cipriano. «Né risulta il coinvolgimento dell’indagato in altre vicende di oggetto di ricostruzione nel titolo cautelare impugnato». Risultano documentati invece i rapporti di familiarità con l’ex sindaco Festa e con l’architetto Filomena Smiraglia (per la quale è stata attenuata la misura degli arresti domiciliati con l’interdizione dai pubblici uffici per un anno) «che tuttavia di per sé non possono costituire indice di pericolosità per un soggetto incensurato». Alla luce di questi elementi valutati dai giudici dell’VIII sezione del tribunale del Riesame di Napoli «la valutazione della sussistenza del rischio di recidivanza (cioè di ripetizione di condotte criminose, ndr) operata dal Gip non appare connotata da concretezza, come richiesto dalla norma». Così come appare «astratto anche il rischio per l’inquinamento della prova in riferimento all’indagato Fabio Guerriero». Rigettati invece dai giudici dell’VIII sezione gli altri due motivi proposti dai legali di Guerriero: uno inerente la nullità dell’ordinanza cautelare per il mancato accesso alle intercettazioni audio e ai video relativi alle captazione e un altro inerente l’insussistenza dell’accusa di rivelazione del segreto d’ufficio. Ad avviso del collegio giudicante i fatti contestati a Fabio Guerriero rientrano pienamente nell’ipotesi di rivelazione del segreto d’ufficio per aver agevolato le prove per la candidata Marianna Cipriano, dipendente del suo studio professionale. Mentre per quanto riguarda l’accesso agli audio e ai video risulta che la difesa sia stata messa in condizioni di ascoltare e prendere visione del relativo materiale registrato a seguito dell’autorizzazione del gip.Ora si attendono le motivazioni del rigetto del ricorso presentato ai giudici del tribunale del Riesame dagli avvocati dell’ex sindaco Gianluca Festa, Luigi Petrillo e Concetta Mari. L’inchiesta Dolce Vita vede al momento indagati – oltre ai tre sottoposti a misura cautelare (una annullata, una attenuata e una confermata) – altre 5 persone, tra cui Vittorio Ambrosino referente di una nota catena di fast food, il dirigente comunale alle finanze Gianluigi Marotta, il candidato al concorso per vigile urbano Davide Mazza, suo padre Antonio Mazza, e Germana Simeone agente pubblicitario di un noto network radiofonico nazionale.