Caro mondo troppo veloce, mi chiamo Natale e sono qui per raccontarvi la mia storia. Nato a Roma il 25 dicembre nel IV secolo d.C., non sono solo una festa, ma molto di più. Sono lo specchio umano che riflette le ingiustizie, la gomma temporanea che cancella le guerre, l’abbraccio che accoglie e il sole invernale che liquefa l’apocalisse.
Ultimamente, però, mi accade sempre più spesso di essere triste perché gli adulti hanno smesso di credere in me. Mi chiedo dove e cosa ho sbagliato. Sono stanco, sono la voce gentile che cammina sotto l’ombrello, la sigaretta del padre apprensivo, le mani che chiedono carità. Ma nonostante tutto, i bambini mi amano sempre, mi amano ancora.
Ogni anno sento le stesse frasi: “Natale è morto”, “Natale è consumismo”, “Devo fare i regali”. Tante volte ho pensato di licenziarmi, ma poi ho capito che sarebbe un grave errore. La mia missione è seminare la magia eterna del mistero, far sorridere e rendere visibili gli invisibili.
C’era una volta una bambina di nome Maria, che credeva fermamente in me. Con la sua famiglia, viveva in un incantevole borgo a Salerno, dove il cielo si trasformava con l’ausilio del vento. Maria non smetteva mai di cercarmi, scriveva parole belle e lasciava letterine accanto al camino.
I bambini del borgo erano speciali, sapevano giocare senza giochi, sapevano quando parlare e quando stare zitti. Erano “i bambini di una volta”, quelli che andavano a letto dopo Carosello, che nascondevano letterine di Natale sotto i piatti.
Durante le festività, Maria raggiungeva la sorgente dell’acqua con la bici per raccogliere piccoli fiori. Il mondo era diverso allora, le case emanavano odori di cibi identici e i balconi erano adornati con meloni nelle reti. Ognuno aveva un ruolo preciso, sia in casa che per strada.
Adesso, come allora, i bambini sono la mia magia. Non importa se leggono la letterina dal tablet o dal telefonino, l’importante è credere. Loro sono quelli che mantengono viva la magia del Natale, che rendono speciale questa festa che non si può spiegare, ma solo raccontare.