Il quotidiano di Salerno è ancora oggi uno dei pochi a continuare ad approfondire i temi legati a tangentopoli. Le analisi e le dichiarazioni archiviate e d’archivio permettono ancora di comprendere le dinamiche di una matassa che per molti anni si è ingarbugliata su sé stessa. Come evidenziato dall’onorevole Giuseppe Gargani in una conferenza su Radio Radicale, i magistrati hanno utilizzato le toghe come uno scudo per combattere un sistema anziché perseguire e punire i singoli responsabili. Quattro magistrati che volevano cambiare il mondo, ma che hanno dimenticato la loro missione nel perseguire una rabbia utopica mai realizzata.

Oggi leggiamo delle pecche democristiane, domani probabilmente su quelle forziste, ma il pool di mani pulite continua a comprare e consumare litri e litri di sapone.

Ogni sistema ben oliato ha una forma di corruzione che fa parte delle pratiche elementari di conoscenza reciproca, che sia a livello di tribù, partito nazionale o ancora continentale.

Questa corruzione agisce come una densità che muove un motore popolare in un “gioco sociale” o sociologico, come lo definirebbe Eric Berne. Se il meccanismo funziona, è difficile trovare energie belligeranti o rivoluzionarie. Ad esempio, molti conflitti nell’eurozona, come nei Balcani, sono scoppiati a causa di Tangentopoli, dopo la caduta del muro di Berlino e le conseguenze di Solidarnosc in Polonia.

Tuttavia, la corruzione non deve mai essere considerata come un fenomeno positivo per il progresso di una nazione o di una popolazione. Quando viene portata agli estremi, c’è il rischio che porti al collasso del paese o della comunità.

Tangentopoli, nata come una rivalsa professionale, in particolare contro il defunto Arcore, ha solo alimentato l’olio della corruzione come una macchina sempre in corsa e fermata solo per i pit stop. Non a caso, quando Silvio Berlusconi è stato “finalmente” assolto dall’inquisizione pochi mesi fa, è andato in declino psicologicamente e fisicamente, non avendo più la linfa vitale del sospetto, dell’accusa e dell’antagonismo legale che lo manteneva saldo sul piedistallo dell’immagine, del gossip malizioso e di tutti quegli ingredienti di comunicazione che lui stesso aveva creato sognando di diventare presidente della repubblica, un traguardo che sarebbe sembrato un abuso per molti.

Il ministro Nordio, tra l’altro, gli ha recentemente tributato la chiave antiburocratica che gli avrebbe impedito di raggiungerlo.

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