L’armiere che è finito in carcere è riuscito a ottenere la detenzione domiciliare e a patteggiare una condanna a tre anni e sei mesi per i reati contestati. È così che si è conclusa la vicenda giudiziaria nata dalle indagini dei Carabinieri del Nucleo della Compagnia di Avellino e della stazione di Pratola Serra, con la decisione del Gip Fabrizio Ciccone sull’istanza presentata dal penalista Carmine Ruggiero il 21 luglio scorso. Il pm della Procura di Avellino, Luigi Iglio, ha dato parere favorevole sia all’istanza di attenuazione della misura che al patteggiamento. Secondo le accuse, l’armeria gestita a Pratola Serra avrebbe ceduto pistole, fucili e parti di armi a soggetti inesistenti e con precedenti penali, falsificando i modelli 38. Dopo una perquisizione e gli accertamenti, i Carabinieri hanno arrestato il quarantunenne Antonio Fabrizio, indagato per falsificazione di registri e autorizzazioni, vendita illecita di armi, detenzione illecita di munizioni, appropriazione indebita di armi e violazione del decreto Tulps sulle armi. I Carabinieri hanno sequestrato documenti e apparati cellulari durante l’operazione. Le indagini sono state coordinate dal sostituto procuratore Luigi Iglio. La misura cautelare è stata confermata dal Tribunale del Riesame nonostante l’impugnazione dei legali di Fabrizio, gli avvocati Carmine Ruggiero e Roberto Sellitto. Le indagini sull’armeria di Pratola Serra sono nate dagli accertamenti dei Carabinieri di Avellino sulla detenzione di armi nella disponibilità di Kevin De Vito, che è stato arrestato per tentata estorsione aggravata. Un video trovato nel suo cellulare mostrava armi e munizioni. La difesa di De Vito sosteneva che le armi nel video fossero giocattoli privi del tappo rosso. La Procura ha ipotizzato che almeno cinque delle ventitré armi cedute si siano perse le tracce e siano state trasferite a Kevin De Vito. È emerso che un nome fittizio avrebbe acquistato un discreto numero di armi, ma in realtà le cessioni sarebbero avvenute a soggetti senza titolo o con precedenti.

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